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Sunday, August 31, 2008

La salvaguardia del creato


Domani primo settembre e' la giornata che la chiesa cattolica ha deciso di dedicare alla salvaguardia dell'ambiente. In particolare i vescovi d'Abruzzo e Molise hanno rilasciato un documento ufficiale dove si parla delle tre emergenze ambientali in Abruzzo: il centro oli, l'inquinamento dell'acqua, specie a Bussi, e il non adeguato reciclaggio dei rifiuti.

Ecco cosa dicono i vescovi abruzzesi sulla questione centro oli di Ortona:

"Una prima minaccia che noi Vescovi avvertiamo grave per le nostre regioni riguarda la costruzione del cosiddetto Centro Oli di Ortona. Sentiamo il dovere di farci voce delle paure del popolo di Ortona e della zona frentana per la costruzione di un centro di raffineria per l’idrosolfurizzazione del petrolio. Si tratta infatti di una attività industriale considerata tra le più inquinanti e devastanti per le risorse naturali del territorio circostante, con conseguenze anche gravissime sulla salute degli abitanti. Le centrali già esistenti a Viggiano (PZ) e Falconara (AN), per esempio, e le desolazioni naturali conseguenti dimostrano l’urgenza di una valutazione più attenta. E’ a rischio una delle zone più belle della nostra costa, dove la produzione enogastronomia è a livelli di eccellenza. Si tratta per di più tecnologie considerate da tanti studiosi ormai obsolete e che diversi paesi hanno già abbandonato. Non dovremmo forse cercare insieme di percorrere vie nuove nella ricerca di fonti di energia rinnovabili, alternative, legate al territorio, che ci aiuterebbero a liberarci dalla schiavitù del petrolio? Per le nostre regioni si tratta di una vera e propria sfida."

Un cittadino di San Vito, Marco Iezzi che assieme a sua moglie Barbara cura un periodico locale dal nome "Gente Comune" ha deciso di dedicare un numero speciale al documento dei vescovi. Per chi volesse leggere il comunicato nella sua interezza e' qui. Grazie a Marco e Barbara per avermelo mandato.

Thursday, August 28, 2008

L'ENI in Veneto


L'Eni possiede vari giacimenti di metano nel golfo di Venezia, nel Delta del Po e nei pressi di Chioggia. Ne abbiamo gia' parlato qualche giorno fa, e mi sono riproposta di indagare maggiormente.

La storia inizia nel 1951, quando una impressionante alluvione si abbatte' nel basso Veneto, il Polesine. Morirono 88 persone, e 200,000 furono gli sfollati. Nei successivi quindici anni si registrarono trentacinque casi di inondazioni lungo il delta del Po', e il terreno si abbasso' di tre metri e mezzo. Gli esperti dell'epoca giunsero alla conclusione che questo abbassamento - la famosa subsidenza - fosse dovuta ai vari pozzi di metano che puntellinavano la costa veneta dal 1937. Nel 1963 si decise allora per il bene del Veneto di smantellare tutti i pozzi. Si diede poi inizio a varie opere di bonfica, grazie alle quali sono piu' di quarant'anni che non ci sono piu alluvioni nel Polesine.

Storia finita?

No. L'ENI decide a meta' degli anni novanta di tornare alla carica, e domanda di poter aprire nuovi pozzi di metano nel golfo di Venezia. Il governo Berlusconi gli impone di presentare una valutazione di impatto ambientale, e nel 1999 il ministro dell'ambiente Ronchi, del governo d'Alema decide di vietare "ricerca e coltivazione" a dodici miglia dalla costa, ventidue chilometri, lasciando libera l'area piu' lontana. Nel 2002 il nuovo governo Berlusconi estende il diveto a TUTTO il golfo di Venezia, senza appello.

Fra il 1999 e il 2002 pero' la furba ENI riusci' a strappare un decreto dall'allora ministro dell'industria, Enrico Letta, che autorizzo' la presenza di due pozzi in prossimita' di Goro, in provincia di Ferrara e al di sotto delle 12 miglia previste dal decreto Ronchi. Naomi Pandora e Irma Carola: non sono ne' fotomodelle ne' porno star, sono i nomi dei due pozzi di idrocarburi che l'ENI piazzo' a Goro in barba alla legge della 12 miglia.

Negli anni 2002-2006 il pozzo Naomi diventa operativo: si estraggono 2,000 barili di petrolio al giorno. Pian piano torna a manifestarsi lo scontento della popolazione, il timore della gente, dei pescatori, degli operatori turistici, l'evidenza di nuovi pericoli di subsidenza. Nel 2006 i carabinieri del Nucleo Operativo Ecologico salgono sulla piattaforma Noemi, e la sigillano una volta per tutte. Sigillano anche alcuni pozzi sulla terraferma, a Comacchio in provincia di Ferrara e un altro pozzo marino a Ravenna perche' sospettati di causare la subsidenza.

Naturalmente gli avvocati dell'ENI urlano allo scandalo e affermano che subsidenza ed estrazioni hanno un nesso insignificante e che se fosse esistito, l’Eni avrebbe rinunciato da se alle trivelle. E poi ricordano che loro operano in acque internazionali. Che santi! D'altro canto, la Regione Veneto, Ferrara, Venezia, Rovigo, Comacchio, l'Ente del Parco del Delta del Po, i comuni polesani di Adria, Ariano Polesine, Corbola, Loreo, Papozze, Porto Viro, Rosolina, Porto Tolle e Taglio di Po, nonche' una miriade di associazioni ambientali hanno applaudito l'operato dei carabinieri, e si sono costituiti come parte lesa nel processo all'ENI, a prescindere dal colore politico delle varie amministrazioni.

Il governo centrale tace.

Il maxi-processo e' fissato per il Novembre 2008. L'ENI e' accusata di tentata inondazione, disastro, danneggiamento e tentativo di danneggiamento di beni ambientali sottoposti a tutela (il Parco del Delta del Po). Tredici gli inquisiti fra cui l'amministratore delegato Vittorio Mincato e il suo predecessore Franco Bernabè. I nostri amici dell'ENI ora cercano di trivellare la Croazia.

Perche' riporto questa storia? Per vari motivi: innanzitutto perche' se in Veneto hanno potuto creare una legge che vietava prima le estrazioni a 12 miglia e poi a tutto il litorale Veneto, non vedo perche' non possiamo farla anche noi. Dobbiamo esigere dai nostri politici che si diano da fare in questo senso. Il nostro mare non bagnera' Venezia, ma e' nostro e deve essere protetto allo stesso modo, e tutto, da Vasto a Teramo. E poi se a Venezia vincono gli interessi della collettivita' piuttosto che quelli dei petrolieri, beh, si crea un precedente che ci aiutera' a proteggere tutte le coste italiane, comprese le nostre. Il sogno delle 100 miglia americane e' lontano, ma da qualche parte dobbiamo pur iniziare.

Fonti: Il Gazzettino di Rovigo, Ecoblog.it

Wednesday, August 27, 2008

Lucia Annunziata, Sergio Romano, Giuseppe Turani, Joaquin Navarro Valls: amici dell'ENI


*** ieri ci sono stati dei problemi all'oleodotto di Ortona. Potete leggerne di piu qui ApocalisseItalia ***

L'ENI (NYSE:E) ha deciso di lanciarsi nell'editoria. Dopo avere inquinato con le sue amiche del petrolio mezza Italia, decidono di aprire una rivista patinata dal titolo: "OIL". Per colmare una "lacuna culturale", si dice, cioe' per spiegare alla gente quanto sia importante trivellare e perche' la benzina costa cosi tanto e per creare una nuova cultura del petrolio. Sicuramente il loro sara' un giornalismo equilibrato, obiettivo, libero. Mi viene da ridere, ma e' proprio cosi'.

E siccome l'ENI pensa in grande decide innanzitutto di pubblicare il suo giornalino (o dovrei dire strumento di propaganda?) in edizione bilingue italiano - inglese, e di affidare i suoi interventi a giornalisti famosi d'Italia cioe':

Lucia Annunziata , per molti anni alla RAI, in particolare per Rai 3 e che ora scrive per la Stampa;

Sergio Romano, ex diplomatico italiano e che ora scrive per la Stampa, il Corriere della Sera e Panorama;

Giuseppe Turani , che scrive su La Repubblica;

Joaquin Navarro Valls, ex direttore dell'ufficio stampa del Vaticano, membro del'Opus Dei e che ora fa parte del consiglio di amministrazione dell'Universita' biomedica di Roma.

Sergio Romano gia' scrive per "ENI's way", una rivista di propaganda dell'ENI. Il compenso della signora Annunziata dovrebbe essere di circa 150,000 euro all'anno, per quattro articoli. C'e' pure un suo profilo sotto la pagina web dell'ENI!! Degli altri non si sail compenso. Chissa'. Dunque, un elemento in piu per evidenziare che quando leggiamo gli articoli sui giornali italiani, non si puo' che dubitare della buona fede di chi scrive. L'ENI si e' coperta bene da tutti fronti, visto che i signori su citati scrivono sui maggiori giornali d'Italia. Ovviamente, se l'ENI ti da 150,000 euro per quattro articoli, come puoi non scrivere cose carine su di loro? Sulla "rivista culturale" che secondo l'ENI serve a "colmare i vuoti informativi" OIL ma anche sul quotidiano per cui lavori?

E siccome loro ci tengono all'ambiente la rivista OIL e' scritta tutta su carta reciclata. Andiamo avanti cosi!


Fonti: Il Giornale,
La Repubblica

Thursday, August 21, 2008

Pensieri politici


Da quando ho inziato ad interessarmi al problema del petrolio in Abruzzo, ho avuto modo di incontrare o sentire diversi poltici. Alcuni si sono seduti e hanno parlato con me o con il popolo, altri - vedi Ottaviano Del Turco e Nicola Fratino - mi hanno snobbata. Qualcuno, l'elegante Remo di Martino, mi ha pure sfidata a duello. Ma fra quelli che o hanno parlato con me o che hanno scelto di ignorarmi, non ne ho incontrato uno, ma uno solo, che mi sia sembrato veramente volenteroso di darsi da fare per fermare i progetti ENI.

Le firme su tutti quei progetti le hanno messe TUTTI i politici coinvolti, da destra a sinistra. Sono stata in giro per l'Abruzzo, a Gennaio e a Luglio, e non conto piu' il numero spropositato di politici di vario genere che ne ha approfittato per venire a fare vetrina, per fare promesse, scambiando parole cortesi con me, per poi dileguarsi. Nessuno che abbia detto: si abbiamo sbagliato, ora faremo meglio, e che poi l'abbia fatto davvero. Tutti a parlare, nessuno a fare. Si dira' la legge del 4 Marzo e' stata fatta. E' vero, ma erano sotto l'assedio di 6,000 abruzzesi arrabbiati che aspettavano quella legge.

Nessuno dei politici che abbia detto: perche' non facciamo un bell'incontro con la popolazione per spiegargli il petrolio in Abruzzo? Perche' non facciamo un referendum regionale per vedere che ne pensa la gente? Tutto quello che e' stato fatto finora e' stato solo ed esclusivamente grazie ai cittadini, che non intascano 10,000 euro al mese e non vanno in giro con l'auto blu. Dei ragazzi poco piu' che ventenni hanno fatto meglio della politica nel suo complesso.

Io voglio questo: UNA LEGGE REGIONALE CHIARA COME IL SOLE CHE L"ABRUZZO RIFIUTA LE TRIVELLE. Punto e basta. Qui mi pare che tutti giocano a giustificarsi, a parlare a vanvera, a coprire i propri amici, a trovare scuse per far finire tutto a tarallucci e vino, a lasciare una possibilita' all'ENI, ad un altro sito, ad un altro progetto.

La legge regionale del 4 Marzo serviva per indagare meglio il problema. Quali indagini sono state fatte finora? Esistono altre leggi che impongono al popolo di essere informato prima che si prendano decisioni come quella della raffineria di Ortona. Che passi sono stati fatti per informare sistematicamente la popolazione da parte della politica?

E ora, di chiunque siano le colpe, cose intendono fare i signori politici per il futuro? COSA SUCCEDERA' IL 31 DICEMBRE? Cosa intendono fare i Verdi? AN? Forza Italia? IL PD? l'Italia dei Valori? E tutti gli altri partiti? Io vorrei saperlo. O improvviseremo ed andremo avanti con toppe e toppettine a fare ancora piu' bizantino il sistema legale Italiano?

Quello che voglio io e' una legge stile Toscana, facile facile. Cinque parole che dicano l'Abruzzo rifiuta le trivelle. Senza ambigiuta', senza troppe parole, senza raggiri.
Con la volonta' si puo' fare tutto.

Tuesday, August 19, 2008

L'ENI a Venezia


Non risparmiano niente i nostri amici, neppure Venezia, citta' unica al mondo, ed una delle mete piu' frequentate dai turisti stranieri. Di fronte al Dio denaro, non resta piu' nulla, niente, nemmeno l'amore e il rispetto per Venezia. Non sono persone queste, sono automi, sono vigliacchi, sono esseri con cui non vorrei avere nulla a che fare, mai.

L'ENI ha dei permessi per estrarre gas nell'Alto Adriatico, proprio di fronte a Venezia, e poi a Chioggia, e poi piu' a sud nella zona del delta del Po'. Ci sono numerosi studi fatti gia' dal 1975 fino ai giorni nostri che mostrano ripetutamente come l'opera di estrazione, con trivellamenti e petrurbamenti dell'equilibrio sotterraneo hanno fortissime probabilita' di causare quello che si chiama "subsidenza". Praticamente, che se uno scava, i fondali scendono in profondita' causando l'innalzamento del livello del mare. Gia' questo fenomeno esiste e la gente del posto lo sa per averlo sperimentato nel corso degli anni. Tutti abbiamo sentito dire che Venezia sta sprofondando e questo potrebbe essere un colpo decisivo. Cosi' dal 2002 esiste una moratoria contro le trivelle nelle acque del Veneto, appoggiata dai vari politici di turno, almeno a parole.

L'ENI pero' ora non perde tempo, e' proprio dal 2002 che si organizza, convince, ammorbidisce, e i politici vacillano. Come al solito si scrivono leggi incomprenisibili, fatte apposta per poter essere raggirate. Quella del 2002 (chissa' perche' non gli piaceva piu'!) viene leggermente modificata: sotto le spinte dell'ENI arriva il decreto Milleproroghe (gia' il nome sa di illegale) Praticamente si dice che il divieto di trivellare e di cercare idrocarburi resta, ma solo se esiste la subsidenza. Cioe' e' compito della regione mostrare che esiste questo fenomeno, senno' l'ENI puo' fare quel che vuole.

Gia' me l'immagino: L'ENI che paga consulenti, professori, tecnici per dire che la subsidenza non c'e', cosi come dicono che a Viggiano va tutto bene, che a Gela i bambini deformi sono cose del passato e che a Trecate e' un paradiso. Magari ci mettono il tuttofare Paolo Andreussi a dire che e' tutto in ordine. E via allora, come fanno sempre questi signori: facciamo un piccolo studio, indaghiamo, sondiamo il terreno, ma no, useremo le migliori tecniche, non succede niente, che paura c'e'.

Un politico locale, tale Giuseppe Fini di Forza Italia presenta allora la proposta di bocciare il Milleproroghe. Lui dice che non si deve nemmeno sondare il terreno per vedere se i gas ci sono e dove:

"..davanti a Montecitorio sono stato avvicinato da due persone che mi hanno chiesto ragione della contrarietà a un semplice studio. Ho risposto loro che sono nato a Ca' Lattis e sono di Taglio di Po. La nostra gente ha vissuto sulla sua pelle il dramma degli abbassamenti per le estrazioni di metano. Di fronte al loro argomentare sulle nuove tecnologie che sarebbero indolori per il territorio, ho spiegato che bisogna vedere se, una volta autorizzate, le tecnologie saranno applicate e non daranno l'effetto subsidenza. Non si può rischiare un effetto irreversibile. Purtroppo con società come Eni ed Enel che operano solo con l'obiettivo di guadagnare il massimo, non c'è da attendersi attenzione per il territorio e la salute della gente. Allora se ne sono andati” .

Assieme a lui, la Confcommercio, i Verdi, il presidente della regione Giancarlo Galan, varie cittadine della costa dicono a gran voce no alle trivelle mentre la confindustria nella veste dell'intelligentissima Emma Marcegaglia dice di si, perche', beh, l'Italia importa troppa energia e occorre prodursela in casa. Un depuato dell'UDC, tale Luca Volonte' dice che abbiamo un bisogno "disperato" di energia fatta in casa e che addirittura l’indipendenza energetica è un fattore DETERMINANTE per il futuro e il benessere delle nostre famiglie.

Cigliegina sulla torta, e proprio come da noi, gli studi di impatto ambientali vengono commissionati all'ENI!!!

Il futuro delle trivelle in mare a Venezia e' ancora aperto. Ma nessuno gli hai mai detto che se ci mettono le trivelle a Venezia, sprofonda o non sprofonda, la citta' diventa piu' brutta? Nessuno gli hai mai detto a questi lungimiranti politici che se uno ha giusto una visione un pochino piu' aperta al futuro, alle novita' tecnologiche potremmo essere energeticamente indipendenti in un modo SANO e senza distruggere una citta' che fa parte del patrimonio storico mondiale e che fu addirittura risparmiata dalle bombe della seconda guerra mondiale? Ma perche' tutte le nazioni europee piu civili (Germania, Svezia) si sono dati dei limiti, dei tempi per raddoppiare le produzioni di ENERGIA ALTERNATIVA e noi siamo cosi disperati da voler andare a trivellare Venezia??

Non lo capisco. Davvero. Forse perche' non vivo in Italia, ma l'idea di deturpare e di mettere a rischio una citta' cosi bella perche' chi governa non ne capisce niente di politiche ambientali vere, mi fa star male.


Fonti: Gazzette.it, Gazzette.it 2

Thursday, August 14, 2008

Il futuro di Ortona


A Genova, oltre alla raffineria IPLOM di Busalla che' scoppiata qualche settimana fa, esiste anche un polo petrolchimico e naturalmente un porto petrolifero. Quest'ultimo si trova nella localita' Multedo. I petrolieri infatti, una volta iniziato il processo di sfruttamento petrolifero di un luogo non lo abbandonano, ma continuano a costruire i pezzi e pezzettini che gli sono piu' utili. Il petrolio arriva a Genova, lo raffinano, ci creano i derivati e da li tutto riparte alla volta di altri paesi che si ritrovano la benzina bella pulita e pronta.

L'Italia e' infatti uno dei pochi paesi occidentali che esporta piu' benzina di quanta gli serva. Siamo cioe' il filtro delle zozzerie del petrolio di mezzo mondo. Ce lo portano, dall'Arabia Saudita o dalla Libia per lo piu', glielo puliamo e poi le ditte petrolifere lo mandano alle altre nazioni, loro prendendosi i profitti e lasciando a noi inquinamento e tumori. La nona commissione permanente sull'agricoltura, che si proponeva di analizzare la possibilita' di coltvare biocarburanti in Italia, riporta infatti che UN QUARTO della benzina italiana viene esportata e che siamo il maggior paese europeo in assoluto per la quantita' di benzina venduta all'estero. Piu' di tutti! Piu' della Norvegia e della Gran Bretagna che hanno piu' e miglior petrolio di noi. Non a caso la Gran Bretagna ha otto raffinerie, per lo piu per il fabbisogno nazionale, e noi una ventina.

Ad ogni modo, cosa accade nel porto di Genova? Vari studi della provincia, dell'Istituto di chimica ambientale, dei Verdi e di vari oncologi sono stati tutti concordi sul fatto che il porto della citta' sia altamente inquinato da benzene, toluene, diossina, e altri composti organici volatili. Queste sostanze sono tutte altamente tossiche, cancerogene e in gran parte dovute alle operazioni petrolchimiche della zona. Allo stesso tempo la dottoressa Marina Vercelli del Registro Tumori Ligure presenta uno studio epidemiologico che mostra come l'incidenza di tumori a Genova Multedo sia piu' alta che altrove, sia in crescita come pure le morti associate. Ormai queste cose non mi stupiscono piu', e' la stessa storia di sempre.

Come sbaglia chi pensa che ad Ortona metteranno il centrino dell'olio e poi basta! No, metteranno quello che l'ENI chiama centro olio, ma che in realta' e' una raffineria, e poi lo ampieranno, e poi ingrandiranno il porto, e poi gli faranno la piccola industria chimica, e poi la grande industria chimica, e poi e poi.. e poi chissa' quanta gente sara' morta nel frattempo.

E' facile mettere questi centrini dell'olio, e' difficilissimo toglieri. A Genova gli avevano promesso che avrebbero almeno cessato ogni attivita' petrolchimica entro il 1991. Sono passati quasi venti anni e la gente ancora respira quella robaccia, ancora si ammala, ancora muore.

Fonti: Genova Press

Monday, August 11, 2008

L'Italia e i tumori dei bambini



L'Associazione Italiana Registro Tumori, detta AIRTUM, ha stilato il rapporto annuale su "Tumori infantili, incidenza, sopravvivenza, andamenti temporali". Il report e' stato pubblicato il 24 luglio 2008. Da questo documento emerge come in Italia l'incidenza tumorale nei bambini e nei ragazzi sia la piu' alta d'Europa: 175 casi per milione all'anno per bambini fra i 0 e 14 anni e 270 casi per milione all'anno per i ragazzi fra i 15 e i 19 anni.

Negli Stati Uniti, lo stesso tasso per i ragazzi al di sotto dei 20 anni e' di 158 casi per milione, in Europa 140, in Germania 141, in Francia 138. Cioe' siamo il paese nel mondo occidentale con piu' alta incidenza di tumori giovanili ed infantili. I dati sono in crescita e nel nostro paese ci si aspetta che la salita verso l'alto continuera'. Fra i tumori piu' comuni: leucemie, linfomi, tumori del sistema nervoso.

Mi sono allora chiesta se questi aumenti di tumore potessero avere una componente genetica, o se invece i fattori fossero ambientali. I tumori, quasi sempre, nascono grazie a danni al DNA che invia segnali sbagliati alle cellule. Queste impazziscono e iniziano proliferare senza freno, dando origine alle masse tumorali. Alcune persone hanno di natura il DNA piu' sensibile, ed altri meno. E' per questo che, per esempio, alcune persone che fumano molto sviluppano i tumori con minori probabilita' di chi fuma di meno. Questo e' quello che scopro:

I tassi di tumori nei bambini tendono ad aumentare solo nei paesi industrializzati. Facendo degli studi su coppie di gemelli identici, solo i tumori alla retina compaiono con una certa frequenza ad entrambi i gemelli. Queste osservazioni portano alla conclusione che fattori genetici sono molto meno rilevanti che fattori ambientali. I geni non cambiano cosi repentinamente e solo per gli occidentali e se la componente genetica fosse elevata, ci sarebbero molti piu' casi di gemelli entrambi malati di tumore, invece che uno solo.

Fra le cause ambientali: respiro di pesticidi, solventi, fumo di sigaretta dei genitori, radiazioni, scarichi di sostanze gassose nell'aria, anche prima del concepimento dei bimbi e durante la fase di gestazione. Molte di queste sostanze a rischio hanno la capacita' di attraversare indisturbati attraverso la placenta. Fra i fattori a rischio c'e' anche vivere vicino alle raffinerie di petrolio. In particolare, uno degli studi piu dettagliati, fatto su 20,000 bambini inglesi, ha messo chiaramente in luce come vivere vicino alle raffinerie di petrolio causi un aumento di leucemie e di tumori in generale.

E qui torno alle cifre: perche' in Italia i bambini con i tumori sono quasi il doppio che nel resto d'Europa? Fra le tante possibilita', certo, una da non sottovalutare e' proprio l'esposizione a fattori ambientali nocivi. Esiste secondo me, almeno il SOSPETTO, che l'industria petrolifera (ma non solo!) possa causare danni ai piu' deboli, a dei bambini che non sono neanche ancora nati. I numeri sono statistiche, e spesso non riescono a farci capire veramente il problema. Ma proviamo ad immaginare cosa significhi per un genitore scoprire che il proprio figlio ha una malattia incurabile. E' una cosa che non augurerei a nessuno. Io non ce li ho i figli, eppure gia' mi rabbrividisce la pelle. Non e' giusto. Lo dico e lo ripeto ancora, noi in Abruzzo, che pure abbiamo gia' i nostri tanti guai ambientali, abbiamo ancora modo per evitare quel nuovo tassello di morte che sara' la raffineria di Ortona.

Continuiamo a lottare.

Tuesday, August 5, 2008

The Italian deal


Il 3 aprile del 2008 a Londra c'e' stata la riunione annuale di tre ditte petrolifere che operano in collaborazione fra loro: la Petroceltic, ditta irlandese che ha dei permessi per venire a trivellare in Abruzzo, la Northern Petroleum, una ditta inglese che punta a trivellare il sud dell'Italia e che dopo l'ENI e' il piu grande estrattore di petrolio in Italia, e la ATI, una ditta petrolifera americana con sede nel Tennessee. La riunione si tiene ogni anno, questa era la 18esima. Il tema? Il petrolio in Italia.

Il presidente della Northern Petroleum si chiama Derek Musgrove, ed ha esordito annunciando tutti i suoi progressi nell'ambito delle trivellazioni in Olanda dove la Northern Petroleum sta cercando di sviluppare sei pozzi di petrolio e di gas. Mr. Musgrove ha detto che hanno fatto tutto quello che potevano per rendere questi pozzi produttivi, ma che non possono andare avanti perche' il sistema di rilascio delle licenze e dei permessi in Olanda e' molto rigido. Non possono andare avanti perche' gli olandesi ci pensano due volte prima di dare ad una ditta straniera il loro territorio e perche' vogliono essere sicuri delle ricadute ambientali e sociali. Le localita' interessate sono: Andel, Brakel, Ottoland, Papekop, Geesbrug e Grolloo.

Apprendiamo cosi che la Northern Petroleum dichiara apertamente le loro difficolta' burocratiche, mentre l'ENI mente spudoratamente ai suoi investitori. A tuttoggi non ha rivelato agli investitori americani che il progetto di Miglianico e' bloccato da una legge regionale e che lo sara' fino alla fine del 2008, se non di piu'. Secondo i report ufficiali ENI, il centro petrolifero di Ortona diventera' produttivo quest'anno!

Ad ogni modo, tornando all'incontro dei petrolieri. Cosa fa la Northern Petroleum nella veste del suo presidente Mr Musgrove? Dice che siccome e' difficile avere permessi in Olanda, allora concentriamoci sull'Italia, dove tutto e' piu' semplice! Dove tutti possono venire a fare cio' che vogliono, dove ci sono piu' raffinerie di quel che serve, dove la classe dirigente e' debole e sciocca! Pensate, in Italia se uno estrae meno di ventimila tonnellate di petrolio o venti milioni di metri cubi di gas non paga nulla! Il paradiso dei petrolieri!

Il direttore tecnico dell'ATI, Barry Lonsdale subito interviene per sottolineare il forte grado di attrattivita' dell'Italia dal punto di vista petrolifero: un paese affamato di energia, regime fiscale eccellente (per loro), e con vari giacimenti posti in lungo e in largo
sotto la nostra penisola. Addirittura c'e' una slide dove ti spiegano in cinque punti come fare per avere le licenze: scrivi al ministero e se te lo approvano hai i diritti per 30 anni. Facile facile.

Le tre ditte poi hanno parlavato della necessita' di ottenere prestiti dalle bance per finanziare queste operazioni, e del problema di aumentare il valore delle loro quotazioni in borsa e di come sia importante dare visibilita' a questi progetti e al loro potenziale. La Petroceltic continua a parlare del giacimento di Miglianico e dei loro desideri di creare un blocco unico con l'ENI e i loro pozzi in mare:

"The aim here is to build a corridor of acreage that runs along the trend identified by the ENI-operated Miglianico discovery of 2001 and the Elsa-1 discovery of 1992, now owned by Petroceltic."

Cioe' grazie alla stoltezza dei politici di Ortona e a mio avviso della maggior parte dei poltici Abruzzesi e Italiani, questi pensano che sia possibile CREARE UN UNICO FILONE dal mare fino alla terraferma, cosi, come se fosse un foglio bianco e vuoto. Non dicono UNA parola sul fatto che li ci sia la vita della gente. Non una parola. Tutto cio' che dicono ha un sapore quasi offensivo, come se sapessero quant'e' facile venirci a colonizzare, e sfruttare tutto lo sfruttabile a poco prezzo. Alla fine dei conti pero' le responsabilita' maggiori non ce l'hanno i petrolieri, che fanno i loro affari, ma i politici, che dormono e pensano, da Ortona a Roma, solo a come ingrassare il portafoglio.


Fonti: Oil barrel