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Saturday, January 31, 2015

Affondiamo le trivelle in Croazia







Per chi volesse mandare testi propri, l'indirizzo e' 



Dipartimento delle Miniere del Ministero dell'Economia,
Vukovar Via 78,
Zagabria, Croazia

rudarstvo@mingo.hr


Ecco cosa dicono dell'Italia nel loro documento di valutazione ambientale:


8.3.2.12.2 Repubblica d'Italia

"Il bordo esterno dei campi di ricerca numero 1, 2, 3, 5, 7, 9, 12, 15, 18, 24, 25, 26 i 29 si trova al confine con la zona epicontinentale dell'Italia (immagini 8.9. e 8.10). Ai limiti della parte nord del campo di ricerca no 1 si trova la zona Natura 2000 IT 330009 Trezze San Pietro Bordelli (SCI), dove non si puo' escludere l'impatto transfrontaliero se le attivita' si svolgeranno nel campo 1. Di seguito, prima di iniziare le attivita' di ricerca e produzione idrocarburi nel campo 1 bisogna provvedere alle consulatazioni con la Repubblica d'Italia. Come alternativa si propone la riduzione dell'area del campo di ricerca no 1 nella sua parte settentrionale. I bordi esterni dei campi di ricerca no 18 i 24 sono distanti circa 22 km dall'area Natura 2000 IT 911001 Isole Tremiti (SCI) e IT 9110040 Isole Tremiti (SPA) – immagine 8.10. Data la distanza dai campi di ricerca non si prevedono impatti transfrontalieri per quanto riguarda le aree Natura 2000 in Italia, escluso in caso di incidenti.

Le aree protette marine in Italia si trovano a distanza di 20 km dai campi di ricerca (immagine 8.11) e non si prevedono impatti su di loro"



La Slovenia chiede la Valutazione di Impatto Ambientale Transfrontaliera, ma la Croazia gli dice no.


Debora Serracchiani, Fruili Venezia Giulia
Luca Zaia, Veneto
Luciano D'Alfonso, Abruzzo
Gian Maria Spacca, Marche
Nichi Vendola, Puglia

ecco la vostra occasione d'oro per far qualcosa di buono

Chiedete alla Croazia una valutazione di impatto ambientale che includa
anche l'Italia. 

Il petrolio e' di chi se lo piglia, ma l'inquinamento e' di tutti.



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Sono diventata amica virtuale con vari attivisti di Croazia con cui nel corso dei mesi abbiamo cercato di coordinare lettere, dati, e amicizia.

La situazione croata non e' commentabile : la foto sopra parla da se.  Alcune cose fanno sorridere, perche' veramente alcuni politici di Croazia pensano che le trivelle porteranno loro soldi e fortuna e benessere e che tutto potra' coesistere con mare ed aria pulita.

Ad esempio, Barbara Doric della "Croatian Hydrocarbon Agency" dice che la nazione ha “tecnologie avanzate per mantenere i piu' alti standard ecologici". Ah si, e quali sarebbero? E come mai non ce li ha nessun altro al mondo, visto che perdite e scoppi e incidenti sono all'ordine del giorno?

Un altra chicca e' che durante lo spettacolo ‘Otvoreno’ il Prof. Igor Dekanic quando gli veniva chiesto come avrebbero fatto a mantenere questi "piu elevati standard ecologici" ha risposto che non lo sapeva ma che "Abbiamo cinque anni per pensarci".

Cioe' anche loro vanno a casaccio!

Un po e' colpa nostra, nel senso che avrebbe dovuto essere l'Italia la porta bandiera della difesa del mare Adriatico, perche' siamo -- in teoria -- piu' avanzati della Croazia, facciamo turismo da piu' tempo di loro, perche' abbiamo piu' estensione costiera di loro e perche' i problemi trivelle--inquinamento--erosione--subsidenza li abbiamo gia' sperimentati a Ravenna, a Venezia, nel delta del Po.

Un sacco di gente pensa cose stupide come "ecco, trivellano loro, se non ci sbrighiamo a trivellare pure noi, si acapparreranno tutto il petrolio italiano". Questo e' folle, intanto perche' la trivellazione in orizzontale non concede certo di svuotare i giacimenti a decine e decine di chilometri di distanza, ma sopratutto perche' siamo stati noi italiani a trivellare per primi - in Veneto per esempio.  La Croazia ha semplicemente fatto quello che abbiamo fatto noi negli anni '60, lottizzato il mare.  E comunque non e' che uno si lancia dal balcone e noi dobbiamo per forza seguirli.

Ripeto, avremmo dovuto essere noi a tendere loro la mano e a dire loro "non trivelliamo nessuno dei due".  Ma cosi' non e' stato, e adesso siamo qui a discutere sul se e come trivellare la nostra pozzangheretta.

Mi auguro che tutti possano partecipare e che soprattutto si facciano vivi amministratori di Puglia, Abruzzo e Veneto.

Il petrolio e' di chi se lo piglia, ma il mare inquinato e' di tutti.

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Qui il testo tradotto in Italiano.


Gentili membri del governo Croato,

L'intero processo di estrazione del petrolio a mare crea inquinamento dannoso agli umani ed alla vita marina per tutto l'arco della durata del progetto. Le piattaforme a mare rilasciano fluidi di perforazione e scarti metallici, che includono sostanze tossiche, fra cui cromo, mercurio e benzene, direttamente a mare.

Una piattaforma rilascia circa 90,000 tonnellate di materiale di scaro durante l'arco della sua vita temporale, danneggiando la vita marina e la qualita' dell'aria. Oltre alle piattaforme, le petroliere potrebbero causare ulteriore inquinamento, visto che ogni anno circa 635,000 tonnellate di greggio sono rilasciate dalle navi nel Mediterraneo.

Tutto questo nel giro di pochi chilometri di distanza da aree marine e un migliaio di isole ed isolotti croati. Il piu grande tesoro nazionale, l'Adriatico, deve essere protetto. E' del tutto chiaro che questo progetto e' incompatibile con la protezione del mare Adriatico di Croazia e che deve essere fermato.

Grazie.

Friday, January 30, 2015

Paura delle trivelle cavalcata dai politici



Esce oggi un articoletto sul Sole 24 ore - rigorosamente non firmato. Questo mi lascia presupporre che o chi l'ha scritto si vergogna, oppure che e' proprio tutto il giornale che la pensa cosi'. 

Ad ogni modo, e' un ottimo segnale, perche' e' il canto di chi si dispera.

L'articolo parla dei giacimenti nascosti per 700 milioni di tonnellate di petrolio.

700 milioni di petrolio? Da dove vengono queste stime? Chi le tira fuori? In quali giacimenti? Dove? Bah. Ad uno che legge cosi, settecento milioni pare veramente un sacco di petrolio. Magari siamo veramente l'Arabia Saudita e non lo sappiamo!

Ma ... quanto e' 700 milioni di tonnellate di petrolio?

Una tonnellata sono circa 7 barili di petrolio. Ergo, 700 milioni di tonnellate sono 4900 milioni di barili.

Ne consumiamo circa 1.5 milioni al giorno. Cioe' circa 550 milioni all'anno. E quindi tutto il petrolio italico - nei vigneti del Montepulciano, nelle aree protette di Sardegna, nelle risaie del Piemonte, nei banchi di Pantelleria, nella laguna veneta, nei parchi della Basilicata, nelle zone terremotate dell'Emilia, e vicino alle nostre case, ai nostri campi, ai nostri polmoni e se e' tutto vero, si traducono nella bellezza di circa ... nove anni di petrolio.

Questo appunto se le cifre sono quelle riportate sopra che non si sa da dove vengano e a cui io non credo poi piu' di tanto. Ma se anche fosse cosi, uno deve capire che nove anni non sono niente, a fronte dell'immane distruzione che ci lasceremo dietro seppure trivellassimo tutto e subito. Nove anni. E dopo? E tutto il resto che fine fa?

L'articolo parla delle "paure" dei cittadini e dei politici timorosi che cavalcano le proteste pubbliche.
Musica per le mie orecchie. Era proprio questo l'obiettivo di questi anni. L'unico appunto e' che no, non e' paura, e' consapevolezza, che sono due cose diverse, caro ignoto autore del Sole 24 Ore.

La paura e' dell'ignoto, la paura e' dell'ignoranza, la paura e' della piccolezza. La consapevolezza e' della logica, la consapevolezza e' dell'informazione, la consapevolezza e' dell'intelligenza. La prima e' puerile, la seconda e' adulta.

I terremoti, le malattie, la bruttura paesaggistica, i veleni, l'inquinamento di aria, acqua e democrazia, sono cose reali e non si possono piu' nascondere dietro articoletti rosa. Io sono ben felice di essere stata partecipe del movimento di opinone che ha fatto arrivare queste cose al grande pubblico, giorno dopo giorno. Quando ho iniziato, circa otto anni fa, la prima reazione alla parola petrolio era soldi. Adesso e' maledizione.

Sui politici non ho niente da dire, perche' le loro motivazioni sono secondarie in tutto questo, che lo facciano per voti o per convinzione non e' importante.  L'importante e' che lo facciano. Lo dico spesso nei vari convegni. I petrolieri non potranno mai vincere se usiamo l'arma dei nostri numeri,
dei nostri cervelli e del nostro attivismo. Alla fine, volenti o nolenti, devono adeguarsi. Sta a noi usare al meglio l'essere comunita'. Quanta gente puo' starci dentro ad Assomineraria? Dentro  a Confindustria? Siamo molti di piu' noi. E questo vale per tutto il nostro vivere civile. Occorre solo avere la voglia di partecipare e non con i forconi ma con la testa.

L'ultima cosa che vorrei aggiungere e': in Italia quanti siti UNESCO abbiamo? Quanti peculiarita' gastroentromiche ci sono? Quanti musei che nessuno conosce? Quante chiese rinascimentali, medievali, barocche? Quanto piu' da campare ci darebbero tutte queste cose qui, e con i polmoni sani, che non i nove miseri anni di buchi sparsi per lo stivale? Perche' il Sole 24 ore non si preoccupa di sfruttare queste risorse qui e sono ossessionati dal petrolio?

Forse perche' non saranno loro a guadagnarci?



Thursday, January 29, 2015

Scozia: moratoria sul fracking e controllo locale delle trivelle



This is a very big nail in the coffin for the unconventional
gas and fracking industry in Scotland

Friends of the Earth, Scotland

Da oggi una moratoria sul fracking in Scozia.

Lo annuncia la BBC, secondo la quale il governo di Scozia ha annunciato il blocco di tutte le operazioni di fracking finche’ i ministri preposti avranno completato studi sulle implicazioni su salute ed ambiente delle trivelle.

A Maggio infatti nel Regno Unito le decisioni sul fracking verranno trasferite dal governo centrale alle varie regioni della nazione, e la Scozia avra’ il controllo sul si o su no. Nel frattempo dunque e’ tutto fermo come deciso dal ministro scozzese per l’energia, Fergus Ewing dopo che invece i dirigenti delle ditte petrolifere hanno chiesto di accellerare la transizione verso l’uso dello shale del gas.

Il ministro Ewing ha detto che il suo ufficio avra’ un approccio cauto sul tema, a differenza del governo centrale che ci e’ gettato a capofitto. Si e’ deciso che in Scozia ci saranno consultazioni pubbliche, in cui sara’ data voce a ciascun portatore di interessi, che ogni progetto dovra’ sottostare ad un impatto sulla salute pubblica, che ci dovranno essere maggiori controlli e direttive piu severe sia ambientali che occupazionali. Ovviamente per fare tutto questo ci vorra’ del tempo e nel frattempo, Ewing dice che non sarebbe opportuno concedere nuovi permessi.

"I'm therefore announcing today a moratorium on the granting of planning consents for all unconventional oil and gas developments, including fracking" afferma Ewing.

Da piu’ parti cresce la consapevolezza che se veramente ci saranno studi approfonditi sulla salute pubblica e dell’ambiente, questa decisione non potra’ altro che trasformarsi in un divieto permanente e intanto anche dal Wales chiedono di poter decidere localmente se far fracking o no sul loro territorio.

Non sappiamo come andra’ a finire e se sia sono un contentino alla popolazione, fra cui monta la protesta e l’opposizione. Certo e’ che a me colpisce il fatto che sia la Scozia a decidere e non Londra: il tutto mi pare veramente in contrasto con le tendenze centriste del governo Renzi, che invece con lo sblocca Italia decide di accentrare tutto nelle mani degli uffici romani togliendo voce ai cittadini e ai rappresentanti locali.

Dove sono state in Italia le consultazioni pubbliche sullo Sblocca Italia? E i report sulla salute pubblica quando si presentano I progetti petroliferi? O quelli in cui si parla della salute di chi vive vicino agli impianti di Gela, Falconara, Viggiano? E le multe a chi inquina ed ha inquinato? Dove e’ tutto questo? E perche’ anche da noi non decidiamo una moratoria nel frattempo che non si eseguono studi piu approfonditi?

Nel frattempo la Scozia ha stabilito nuovi record per la generazione di energia eolica: nel mese di Ottobre il 126% del suo fabbisogno con l’eccedenza venduta ai vicini. Con queste possibilita’ serve proprio trivellare?

Qui la Scozia e l’eolico.

Wednesday, January 28, 2015

Scozia 2014: 50% di energia dal vento. Entro il 2020 il 100%


In Ottobre e Novembre 2014 il 100% dell'energia prodotta
e' stata dal vento





Mentre da un lato i sogni di petrolgloria scozzese si dissolvono come incrostrazioni di petrolio sotto gli acidi, ecco che il vento spazza via tutto. O anzi, che riporta la discussione di indipendenza energetica dal petrolio al vento.

Nei mesi di Ottobre e Novembre 2014 infatti, l'eolico e' riuscito a fornire elettricita' al 100% della Scozia, con in piu' eccedenza fornita al resto del paese. A dicembre, il vento e' servito a coprire i bisogni scozzesi per 25 giorni su 31.

In totale nel 2014, le rinnovabili e gli indrocarburi hanno dato alla Scozia circa il 32 percento di fabbisogno ciascuno, con il nucleare al restante 35%.

In Scozia vivono circa 5.3 millioni di persone e si calcola che questa regione potrebbe diventare fossil-fuel free e nuclear-energy free in quindici anni se si contenessero i consumi dell'1% all'anno, si si aumetasse l'efficenza della rete elettrica e se aggiungesse piu vento e idroelettrico.

E non c'e' solo la Scozia - Germania, Danimarca hanno fatto passi da gigante. La Germania, la quinta potenza economica del mondo, genera il 27% di energia da rinnovabili, dal 25% del 2013 e dal 20% del 2011 - con l'obiettivo del 35% nel 2020.

Da Gennaio a Maggio 2014, fra vento e sole in Germania si e' arrivati al 66% del fabbisogno nazionale.

Certo che si puo'.











Monday, January 26, 2015

Gasdotti, pozzi, treni, raffinerie - i fuochi d'artificio delle trivelle



Il pozzo era della Parsley Energy, a circa 40 miglia a sud della citta' di Midland . I tre morti sono: Arturo Martinez Senior e Arturo Martinez Junior e Rojelio Salgado che facevano manutenzione al pozzo. Un quarto lavoratore e' rimasto ferito.  Tutto tace.


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Otto vagoni di 105 pieni di petrolio dal Bakken Shale del North Dakota finiti in fiamme. I pompieri giunti sulla scena non sanno come spegnere l'enorme incendio, e quindi il treno ardera' finche' l'incendio non si spegnera' da solo.

Anzi, gli stessi pompieri ci avevano provato ma le fiamme erano troppo intense ed hanno dovuto abbandondare tutta l'attrezzatura. Sono andati in fiamme anche 10 mila dollari! I residenti nel giro di un miglio evacuati. Arrivano anche quelli dell'hazmat - gli specialisti dei materiali tossici.

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E' uno strano 2015 per i petrolieri. Non gliene va bene una.

I prezzi del greggio crollano, le moratorie si susseguono in giro per il mondo, la gente protesta, e ci sono pure scioperi fra i lavoratori.

Non li aiuta la serie di scoppi e di incidenti di queste ultime settimane.

Dall'inizio dell'anno ci sono state almeno cinque rotture di gasdotti ed oleodotti - in West Virginia, in Pennsylvania, in Ohio, in North Dakota, in Montana. 

Di tutti questi incidenti, il principale e' stato quello di Williston, North Dakota, dove tre milioni galloni di brina - una miscela di sale, sostanze chimiche per trivellare - sono finiti nei fiumi.  Qualche settimana prima, un altro scoppio di circa 20,000 galloni di petrolio, sempre in North Dakota. E poi 40,000 galloni di petrolio nel fiume Yellowstone e uno scoppio di oleodotto nel Mississippi che addirittura e' stato misurato dai meterologi perche' ha portato all'aumento delle temperature!

In Montana, l'oleodotto era del 1950 ed erano illegali perche'

Causes for the recent rash of spills remain under investigation and will likely vary widely, but officials looking into the Montana spill found portions of the 1950s-era pipeline were exposed on the riverbed, in violation of federal rules that such pipes be buried.

A recent analysis by the National Transportation Safety Board also found gas companies failed to conduct inspections or tests that could have found weaknesses at sites of three high-profile explosions between 2009 and 2012, and that improvements are needed "to prevent catastrophic gas transmission line accidents from ever happening again."

26 Gennaio 2015: 
Cento metri di fiamme - evacuazioni - gas in aria.

Brooke County,
West Virginia, oleodotto che scoppia.





19 Gennaio 2015:





Intanto in Brasile ci sono 14 raffinerie, delle quali due hanno avuto incidenti nelle scorse settimane. Le raffinerie operano a pieno ritmo per soddisfare i bisogni crescenti del paese e spesso controlli e manutenzione lasciano a desiderare.  In piu' un recente scandalo di corruzione a Petrobras ha fatto fuggire tutti i capitai, rendendo ancora piu difficili le operazioni di manutenzione e in piu' con poca sicurezza.




E poi c'e' lo scoppio di oleodotto presso Jay, in Florida dove hanno chiuso le scuole in seguito all'esplosione vicino ad un pozzo di petrolio che ha fatto evacuare, per poco, una scuola. Evviva.








BROOKE COUNTY, W.Va. -- Emergency responders on scene report a gas line rupture off Archer Hill Road after an explosion in Brooke County. Flames are seen shooting 300-400 feet into the sky from miles away, across the river in Steubenville. One house located near the explosion has been evacuated. "We have an apparent gas line explosion on Archer Hill Road," Brooke County Sheriff Chuck Jackson said. "It is near the old riding stables. The area is been closed down. We have gas burning. There are no injuries reported and no structural damage reported at this time."

Read More at: http://www.wtov9.com/shared/news/features/top-stories/stories/wtov_explosion-brooke-county-flames-shooting-into-sky-7300.shtml

Port Fourchon, Louisiana - un altro giorno di follia

south timbalier platform oil and gas

Prima



 Dopo l'incendio - non ci sono foto del durante

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Qui un altra piattaforma incendiatasi nel 2011, sempre a Port Fourchon



Qui Port Fourchon nella normalita'





Si chiama Port Fourchon, si trova in Louisiana e transitano qui petrolieri di ogni genere, chi porta petrolio, chi porta personale, chi porta infrastruttura per le piattaforme del mare di Louisiana. Passano qui oleodotti, persone, e macchinari: circa il 90% dei serivizi per le trivelle in mare profondo del golfo del Messico passano di qui.

E infatti ci sono circa 600 piattaforme nel giro di 40 miglia da riva.

Il giorno 23 Gennaio 2015 qualcosa e' andato storto e la nave di servizi petroliferi Connor Bordelon si e' scontrata con una piattaforma marina nell'area petrolifera South Timbalier (ST) Block 27IA a cinque miglia da riva operata dalla Energy XXI -  GOM.

Fuoriscite di gas incontrollate dalla piattaforma,  un incendio e la piattaforma distrutta.

La Louisiana e' il manuale della petrolizzazione selvaggia - si e' inizati con pochi pozzi nel 1930 ed oggi ce ne sono circa 3,000 - sempre piu' profonde, sempre piu' maestose. Non e' un caso che lo scoppio della BP sia accaduto qui. Le citta' di mare sono tutte in diverso modo collegate all'industria del petrolio, la subisdenza e' drammatica, e cosi' pure l'erosione delle coste. La politica e' inquinata dai petrodollari e non si muove foglia che vogliano i petrolieri - leggi, regole, contributi elettorali. Ed e' qui il cuore della questione: arrivano, si allargano e si intromettono in tutto, ed e' per questo che occorre che le societa' resistano. Perche' piu' importante ancora che l'inquinamento del mare e dell'aria e' l'inquinamento della democrazia.

Tuttapposto - un altro giorno, un altro disastro.



Sunday, January 25, 2015

Alaska: altri 5 milioni di ettari di Artico vietati alle trivelle














Alaska’s National Wildlife Refuge is an incredible place — pristine, undisturbed.
It supports caribou and polar bears, all manner of marine life,
countless species of birds and fish, and for centuries it supported many
Alaska Native communities. But it’s very fragile.

Presidente Obama, 24 Gennaio 2015




Per anni qui negli USA si e’ discusso di cosa fare dell’ANWR -- l’Arctic National Wildlife Refuge – di straordinaria biodiversita’ e casa di caribou, uccelli, orsi polari, lupi, e vita acquatica. Per la precisione sono trentacinque gli anni in cui repubblicani e democratici hanno dibattuto e si sono combatutti su questo angolo di Alaska, dove oltre alla vita animale ci sono anche reserve di petrolio.

Finalmente, l'amministrazione Obama decide di fare le cose in grande e qualche giorno fa ha annunciato che circa 12 milioni di acri dell’ANWR, cioe' quasi 5 milioni di ettari. diventeranno presto una zona di “wilderness” e cioe’ ufficilamente "selvaggia" con divieti alla costruzione di strade e di altre infrastrutture industriali, togliendo ogni possibilita' ai petrolieri di fare buchi. Anche una vasta area del mare di Alaska sara' vietato alle trivelle e potrebbero anche essere imposti nuovi divieti alle operazioni estrattive gia' in corso nel National Petroleum Reserve dell' Alaska. Questo dopo avere gia’ chiuso alle trivelle a Bristol Bay qualche settimana fa.

L'annuncio ufficiale e' venuto dal segretario per l'interno, Sally Jewell che dice:

Designating vast areas in the Arctic National Wildlife Refuge as Wilderness reflects the significance this landscape holds for America and its wildlife. Just like Yosemite or the Grand Canyon, the Arctic National Wildlife Refuge is one of our nation’s crown jewels and we have an obligation to preserve this spectacular place for generations to come.

Questo risultato si e' giunto grazie all'attivistmo del consigliere di Obama John Podesta, per il quale la conservazione dell'ambiente naturale era una delle priorita' maggiori. Fra qualche settimana Podesta si ritira per aiutare la campagna elettorale di Hillary Clinton. Aveva gia' lavorato nell’amministrazione di Bill Clinton e sotto di lui erano state create molte riserve naturali e zone protette. L'Alaska e' un altro tassello al suo lavoro.

Mi chiedo dove sia il Podesta che da i consigli giusti a Renzi.

E ovviamente i repubblicani fanno guerra. La Senatrice dell’Alaska Lisa Murkowski, repubblicana e a capo adesso del Senate Energy and Natural Resources Committee ha il ruolo di esaminare i progetti relativi a trivelle, fracking, oleodotti e rinnovabili. Parla come se le avessero tolto un rene, e non pensa affatto che l’ANWR debba essere protetto per le generazioni future ma che togliendo il diritto ai residenti dell'Alaska di trivellare, e' come se avessero fatto un attacco alle generazioni future che ne sentiranno le conseguenze a lungo termine.

What’s coming is a stunning attack on our sovereignty and our ability to develop a strong economy that allows us, our children and our grandchildren to thrive. It’s clear this administration does not care about us, and sees us as nothing but a territory. I cannot understand why this administration is willing to negotiate with Iran, but not Alaska. But we will not be run over like this. We will fight back with every resource at our disposal.
Piu' saggie le parole di Jamie Williams, presidente della Wilderness Society dell’Alaska che dice:

Some places are simply too special to drill.

Direi che si applica pure a a molti angoli d’Italia.

Qui immagini della natura dell’ANWR salvata dai petrolieri

Saturday, January 24, 2015

Nel 2014 sismicita' indotta da idrocarburi anche in Kansas





Ormai sono tanti anni che ne sentiamo parlare - la sismicita' collegata all'attivita' umana, incluse le trivellazioni ordinarie, lo stoccaggio, il fracking, la reiniezione di materiale tossico nei pozzi dismessi.  E questo viene confermato da studi in Texas, in Oklahoma, in Ohio, in Arkansas, in Colorado e ora anche in Kansas.

E infatti, per la prima volta le autorita' dello stato di Topeka confermano pubblicamente che le iniezioni di "acqua salina" di scarto nei pozzi dismessi sono collegate ad un aumento inspeigato di sismicita' nel tranquillo stato.

Il numero di terremoti del Kansas nel 2012 e' stato di: zero.

Il numero di terremoti del Kansas nel 2014 e' stato di: centoventi.

Questo e' illustrato dal Kansas Geological Survey, che fa notare che molti dei terremoti si sono manifestati fra la magnitudo 2.7 e 4.1.  Guarda caso proprio in questi anni si e' intensificata l'attivita' di renieizione di materiale di scarto nel sottosuolo, cosicche' Rick Miller, geofisico del Kansas Geological Survey dice in modo chiaro e pulito

"We can say there is a strong correlation between the disposal of saltwater and the earthquakes,"

Le conferme arrivano da piu' e piu' stati, enti federali e commissioni geologiche.

E cosi il Kansas si aggiunge alla lista dei territori trivellati e terremotati, mentre le persone di buon senso chiedono che anche il Kansas stesso si aggiunga alla lista di stati che lo vietano: New York e Vermont finora.



Friday, January 23, 2015

La Sicilia e il New York Times



 I love these wines.
I love the lightness of their textures, 
the purity of the red fruit and mineral flavors, t
heir refreshing nature, their elegance and their subtlety.
 

Chissà se Rosario Crocetta e Angelino Alfano leggono il New York Times. Perché è uscito proprio in questi giorni un nuovo articolo sui vini della Sicilia che esordisce così: “For a decade now, Sicily has been among the most exciting wine regions in the world. I’ve fallen in love with reds and whites, wines full of freshness and vitality, complexity and a sense of place, from both Mount Etna in the east and the region centering on Vittoria in the southeast”.

La Sicilia è una delle regioni vinicole più eccitanti del mondo – freschezza, vitalità, complessità e senso di radicamento. Il giornalista dice che se n’è innamorato.

Non parlano mica del petrolio siciliano, o delle trivelle o delle royalties o dell’indotto petrolifero – tutti miraggi che presto diventeranno incubi. Il New York Times parla del miracolo del “nerello mascalese” e del “nerello cappuccio” sull’Etna, e del “frappato” di Vittoria e del nero d’Avola, vini – specie i primi tre – che non erano considerati poi granché fino a venti, trent’anni fa, quando dalle cooperative si capì che occorreva puntare sulla qualità e non sulla quantità. E così hanno spostato la produzione su vini internazionali prima e poi hanno valorizzato i vini locali.
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Non è la prima volta che il New York Times si occupa di vini siciliani: parlano di lovely reds of Mount Etna, e di enticing wines of the Vittoria region. Dicono che sono vulcani di energia, che hanno “verve, grace and energy” e che non sono abbastanza commercializzati negli Usa.

Sono appena tornata da una serie di conferenze sul petrolio in Sicilia vistando Ragusa, Sciacca, Pantelleria, Agrigento, Catania. E’ una regione incantevole – non ci sono autostrade in alcune aree – e così abbiamo attraversato paesini e immense distese di aranceti. Il cibo era magnifico ovunque, il barocco di Ragusa ti coglie all’improvviso, scopri l’unicità del corallo di Sciacca e della sua storia, il passito di Pantelleria che diventa patrimonio Unesco, i maestosi templi di Agrigento. A un certo punto ti accorgi che la storia si mescola – i greci, i romani, gli arabi, i normanni – tutti i con i loro eroi, le loro leggende e loro principesse.

E poi passi per Gela e devi tapparti il naso dalla puzza, o vedi la baia di Porto Empedocle umiliata da ciminiere Enel nel suo punto più bello o vedi la brutta edilizia dei giorni nostri, fatta senza amore e senza rispetto.

Mentre ero lì, ogni tanto pensavo all’articolo di Gian Antonio Stella sul turismo siciliano e della sua “disfatta turistica”, e mi veniva tristezza. Perché? Perché Rosario Crocetta e Angelino Alfano invece di pensare a buchi e ad accordi con i petrolieri e a numeri sparati a casaccio sulle royalties, non fanno un programma a lungo termine per la loro Sicilia? Favorendo le cose che già ci sono e che non sono valorizzate a sufficenza e che portano ricchezza distribuita e duratura. Il pozzo di petrolio e la raffineria creano inquinamento, creano altre Gela, fanno arricchire solo chi le gestisce dall’alto, e per loro essenza sono destinate a finire miseramente. La valorizzazione delle nostre unicità portano benessere per tutti, durano per generazioni a venire, stimolano la creatività e l’imprenditoria locale, e ci rendono aperti al mondo. Sono attività sane.

Ci vuole solo l’intelligenza di programmare e di volerlo. Come le cooperative del vino trent’anni, fa che hanno creato one of “the most exciting wine regions in the world” e che adesso finiscono sulle pagine del New York Times.

Qui invece Luca Zaia, governatore del Veneto: la Repubblica è una, indivisibile e imperforabile

Wednesday, January 21, 2015

Tuesday, January 20, 2015

Montana: scoppio di oleodotto nel Yellowstone River










Un altro oleodotto che esplode nella neve e che non si sa come contenere. Stato di allarme, non si puo bere l'acqua del rubinetto e non si riesce a trovare la fonte dell'inquinamento perche' c'e' il ghiaccio a coprire tutto.

Siamo nella citta' di Glendive dove una perdita da oleodotto ha riversato circa 50,000 galloni di petrolio lungo lo Yellowtone River, circa 190,000 litri.

Parte del petrolio e' entrato nelle riserve idriche della citta', inquinandole e creando preoccupazioni per la salute pubblica.  E quindi sono dovuti arrivare "per precauzione" le taniche dell'acqua per rimpiazzare l'acqua del rubinetto che puzza di olio diesel.

Le operazioni di ripristino sono difficilissime per colpa del freddo e del ghiaccio. Non sanno dova sia la falla dell'oleodotto che ha avuto la perdita, non sanno dove sia andato a finire il petrolio perche' non si vede - coperto dal ghiaccio - e non se ne sente l'odore. Tutto cio' che possono farlo e' cercarlo alla cieca, perforando dei buchi nel ghiaccio con la speranza di poter trovare il petrolio e poi aspirarlo

“These are horrible working conditions to try to recover oil. Normally you at least see it, but you can’t see it, you can’t smell it. … We’re going to have to hunt and peck through ice to get it out,”

L'oleodotto si chiama Poplar Pipeline e scende giu' dal Canada fino alla citta' di Baker in Montana. Attraversa il Bakken oil field fra Montana e North Dakota.

Il padrone dell'oleodotto ha chiesto scusa. 

Amen.