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Thursday, June 30, 2016

Mark Frascogna ex Forest Oil: get the hell out of Italy





Grazie a Maria Paola per avermi mandato il materiale.
 
Un nuovo nemico dell'Abruzzo

Mark Frascogna, Senior Vice-President
Avanti Energy
Mr. Frascogna has been active in the international and domestic oil and gas industry for over 25 years. He has served in various management capacities throughout his career with large independents and privately held companies, including Country and Project Manager in Italy for Forest Oil, Executive Director of Compagnia Mediterranea Idrocarburi srl – a Forest subsidiary

Let it be clear, Mr Frascogna:

we don't want you here
so don't even *think* of drilling this place.

As a community of people who 
*love* 
Abruzzo
We sent ENI packing
We sent Forest Oil Corporation packing
We sent Mediterranean Oil and Gas packing
We sent Rockhopper Exploration packing
You will be no exception

We will send you back from where you came from.
Just as we have done with them.

So don't waste your precious time here.



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Non hanno un briciolo di vergogna.

Un briciolo non ce l'hanno. E' strano che dopo cosi tanti anni sono ancora qui che mi ribolle il sangue a leggere di gente senza un minimo di rispetto per gli altri, i loro ideali, i loro desideri.

Si tratta questa volta dei petrolieri della CMI Energia che arrivano (o dovrei dire tornano!) in Abruzzo.

Non hanno ancora capito che qui non ce li vogliamo.

Chi segue questo blog sa che fra le varie puntate petrolifere di questi nove anni e passa c'e' stato oltre al Centro Oli di Ortona, oltre ad Ombrina a Mare, la raffineria di Bomba della Forest Oil.

Tutte sconfitte.

Ma evidentemente le arpie di un tempo non hanno capito e pensano di potersi  riorganizzare e tornano. Come gli avvoltoi.

Ma iniziamo dall'inizio.

La CMI Energia e' una micro-ditta petrolifera con sede a Roma. CMI sta per Compagnia Mediterranea Idrocarburi. E' attualmente la sussidiaria italiana dell'americana Avanti Energy, il cui vice presidente si chiama Mark Frascogna.

Qualche anno fa era invece la sussidiaria della Forest Oil, che ora non esiste piu'. Venduta perche' gli erano finiti i soldi.

Questa CMI Energia ha appena deciso che Mark Frascogna li rappresentera' in nuove avventure italiane. Sara' il Managing Director della CMI. Assieme a lui Antonio Panebianco che invece e' stato promosso a Chief Technical Officer della CMI Energia.

E quali sono queste avventure italiane in cui si cimenteranno Frascogna e Panebianco?

Trivellare l'Abruzzo!

Per la precisione i nostri nuovi eroi torneranno sulle spoglie della Forest Oil, e sulla concessione Colle Santo, la stessa concessione, almeno in nome, che la Forest Oil aveva dato ai suoi progetti trivellanti per Bomba.

Per la precisione quello che Mr. Frascogna e i suoi compari vogliono fare e' di sfruttare pozzi a gas attorno a Bomba, realizzare una "centrale di trattamento" a Paglieta, mettere in produzione altri 2/3 nuovi pozzi attorno a Bomba e costruire un gasdotto di 21 chilometri, presumibilmente da Bomba a Paglieta.

Da come la vedo io e' un riprendere in mano il progetto Bomba, e spostarlo di qualche chilometro piu in la (appunto Paglieta!) per dire che tutti i problemi di Bomba -- fraglita' del territorio, instabilita', subsidenza, vicinanza al lago -- sono ora lontani.

Come dire: visto che a Bomba non ce lo fate fare, lo facciamo a Paglieta dove il lago e il rischio Vajont non ci sono.

I comuni interessati saranno quasi gli stessi di prima: Bomba, Roccascalegna, Paglieta, Archi, Torricella Peligna, Penna D'Omo, Villa Santa Maria, Atessa, Colledimezzo, Altino, Perano.

E siccome siamo in Abruzzo, non lontano dai boschi e dai monti e dalla natura dell'Appennino, saranno interessate anche una serie di riserve naturali: il lago di Serranella, le Colline di Guarenna, la Majella, i Monti Pizzi e i Monti Frentani e il bosco di Mozzagrogna.

Sono tutti nomi che la maggior parte degli italiani non conosce forse, ma sono tutti posti che fanno bene all'anima e che non meritano ne centrali di trattamento ne pozzi ne puzze.

Ma questo vale per quasi tutta l'Italia, da Pantelleria a Vercelli. Lo sappiamo noi tutti, non lo sa il nostro governo che continua ad accettare petrolmostri in giro per la nazione.

E perche' penso che questo progetto sia in qualche modo un reciclaggio del progetto Bomba?

Perche' questa Avanti Energy americana, di cui la CMI e' solo sussidiaria, ha a capo vari personaggi che erano proprio della Forest Oil, e perche lo stesso Mark Frascogna e' stato uno dei direttori della Forest Oil per l'Italia, nonche' executive director della CMI quando questa era sussidiaria della Forest Oil.

Cioe' sono le stesse persone, sotto altro nome!

Dicono infatti questo del loro direttivo:

John McIntyre,  Timothy Berge, Bud Knell, and Mark Frascogna, have worked together in various capacities for 14 years while at Forest Oil and later at Avanti Exploration, LLC. This team represents over 110 years of experience in the international and domestic oil and gas industries and has worked collectively in over 20 countries.

E cioe' sono colleghi da 14 anni, dai tempi della Forest Oil.

Beata ignoranza.

Mi sa che Mr. Frascogna non ha fatto i conti con 1 milione di osti d'Abruzzo. Non sa che li abbiamo gia' mandati via piu e piu volte e questa non sara' che un altra lunga battaglia per noi, ma che vinceremo, se solo continuiamo con lo stesso ardore e lo stesso amore che ci marca da quasi 10 anni.

Ultima cosa: perche' la Forest Oil non esiste piu'? Perche' aveva finito i soldi e si era venduta alla Sabine Oil, poi fallita. Per chi non se lo ricordasse, grazie all'eroica resistenza di Bomba la Forest Oil aveva perso almeno 35 milioni di dollari, come scrisse a suo tempo pure il Wall Street Journal. 

L'ho detto dal primo giorno, queste sono lotte per la vita. Finche' ci sara' petrolio, gas o altra monnezza nel sottosuolo, ci sara' sempre qualcuno che vorra' tirarlo fuori. Sta a noi persistere e trasmettere le nostre esperienze di lotta e di crescita e di amore, agli altri e alle generazioni future.

E questo, che io lo voglia o no, e nonostante i vari approfittatori e tutte le cose che non posso scrivere qui, e' anche il mio destino.

















Monday, June 20, 2016

Musei, petrolio e propaganda

 L'immaginario petrolifero
nel Museo delle Scienze Naturali di Houston  


La realta', fuori 

 
“Is the Houston Museum of Natural Sciences a museum, 
or a PR front for the fossil fuel industry?”


E' una guerra fra musei -- della storia e della scienza --, che si svolge a Houston e con in mezzo il petrolio.

Tutti sappiamo quanto sia importante la propaganda per i petrolieri e per cercare di convincerci che e' sempre tuttapposto con le trivelle, gli oleodotti, la monnezza, e che bucare il territorio e' il futuro, e' benessere e progresso.




E dove meglio farla questa propaganda se non in un museo?

E cosi nello Houston Museum of Natural Sciences  i signori del petrolio sponsorizzano una intera ala, il Wiess Energy Hall in cui si mostrano le meraviglie del petrolio. E' tutto pagato da loro. Non si parla di riscaldamento globale, di benzene, di salute o di inquinamento. Si parla invece di "mix dell'energia". Cioe' un po di tutto per il futuro, anche il petrolio in modo "responsabile".

Ce n'e' qui un po per tutti, inclusi i video giochi in cui l'obiettivo e' trivellare piu pozzi possibile.

Oltre il museo delle scienze naturali di Houston, in Texas ci sono altri musei dedicati con sezioni sponsorizzate dall'industria petrolifera: il Perot Museum or Nature and Science a Dallas ed il  the Museum of Science and History di Forth Worth.

E cosi, lo Houston Natural History Museum, un altro museo della citta' di Houston assieme a T.E.J.A.S. che sta per Texas Environmental Justice Advocacy Services, decidono di mettere su una contro-mostra in cui mostrano i legami di chi sponosorizza l'ala dell'altro museo (petrolieri!) e che si chiama:  “Mining the HMNS: An Investigation by The Natural History Museum".

Cioe' il Museo della Storia propone una investigazione su cio' che il Museo della Scienza propaganda.

Nella contr-mostra si parla di inquinamento dell'aria, e si mostrano tutte le zone di Houston in cui i petrolieri non hanno portato aria fine ma una cappa soffocante. I promotori della mostra hanno anche deciso di fare dei test di inquinamento accanto a raffinerie e petrolchimici e di promuovere dei "toxic tours" della zona.

In queste toxic tours la gente ascolta le sirene che ogni tanto suonano in caso di allarme e dopo le quali nessuno sa cosa fare. Chi sta dentro le raffinerie sa cosa sta succedendo quando gli allarmi suonano, ma la gente no.  Si parla degli alti tassi di asma e di altri problemi alla respirazione di chi vive qui, dei rumori incessanti, e ovviamente di cambiamenti climatici.  Si mostrano le insegne dove c'e' scritto di non mangiare i pesci - inquinati.

I musei americani sono entita' esentasse, e quindi dovrebbero in teoria promuovere il bene collettivo, dice uno degli organizzatori della contro-mostra. Esiste anche un codice etico dei musei americani in cui si dice che la missione dei musei e' di conservare per i posteri il mondo e la sua diversita'. Promuovere petrolio non e' parte di questa missione. Anzi, occorre non solo parlare di cambiamenti climatici ma dire al pubblico chi e cosa li ha creati e tuttora opera per contrastare le opere di mitigazione in atto nel mondo.

Il Museo della Storia Naturale di Houston (i buoni in questa storia) sperano di aiutare a sensibilizzare sugli effetti veri dell'industria del petrolio nel suo cuore: a Houston.

Nel 2015 scrissero pure una lettera assieme con persone di scienza e gruppi ambientali in cui si chiedeva a enti culturali di tagliare ogni rapporto con l'industria petrolichimica, facendo nomi e cognomi, proprio perche' i principali negazionisti dei cambiamenti climatici spesso finanziano spesso mostre ed altre attivita' culturali.  E questo ovviamente comporta un conflitto di interessi.  E' un disservizio alla scienza, alla gente, alla conoscenza.

Hanno avuto risultati? Si. Uno degli obiettivi della lettera del Museo della Storia Naturale di Houston era di rendere noto che David Koch siedeva nel consiglio di amministrazione del Museo delle Scienze Naturali di New York.

David Koch e' un riccone negazionista sui cambiamenti climatici che aveva speso almeno 67 milioni di dollari dal 1997 ad oggi per promuovere campagne di disinformazione e pro-petrolio.  67 milioni di dollari, una persona sola!

Dopo un anno dall'invio di quella lettera, e grazie anche allo scandalo mediatico, David Koch ha lasciato la sua posizione. 

Potrei ora aprire un capitolo sull'ENI che sponsorizza un po di tutto in Italia, ma... la domanda e', ci sara' un museo qualunque che in Italia fara' contro informazione in modo serio ed organizzato come quelli del Museo della Storia Naturale di Houston? 

Saturday, June 18, 2016

La Scozia raggiunge gli obiettivi sul clima con sei anni di anticipo



 
It’s clear that when it comes to generating clean power, 
Scotland is one country others are already watching closely. 
Imagine what a global leadership role 
Scotland could play if it now followed up its success 
on renewable electricity with steps to green its entire energy system

Ci sono due Scozie.

Quella che soffre per il crollo dell'industria del petrolio, dove tutte le petrol-certezze di lavoro, stabilita', benessere, sono svanite in poco meno di due anni. Quella dove gli ex-direttori del petrolio si ritrovano senza lavoro, dove arrivano i licenziamenti, dove le file alla Caritas aumentano.  E poi c'e' la Scozia che guarda altrove, al sole e al vento, e a quello che ha per cambiare. E brucia tutti gli obiettivi.

La prima di queste Scozie e' il passato. La seconda e' il futuro.

Il segretario del clima della Scozia, Roseanna Cunningham ha appena annunciato il crollo delle emissioni di CO2 del 46% fra il 1990 e il 2014.

Si doveva arrivare al 42% entro il 2020. Hanno cioe' fatto meglio e sei anni prima di quanto previsto.
E non si fermano: ci sono in corso altre iniziative e leggi che siedono in parlamento per fare altri passi avanti con le rinnovabili e il risparmio energetico.

Ci sono stati vari fattori che hanno portato fin qui, alcuni dei quali fuori dal controllo legislativo, per esempio, gli inverni piu' caldi, lo smantellamento di alcune industrie pesanti. Ma allo stesso tempo e' un passo in avanti, ed e' tutto arrivato senza che ne soffrisse la qualita' di vita dei residenti.

Gli attivisti pero' non sono soddisfatti: si chiede maggior intervento in settori difficili: il trasporto prima di tutti.

Nel frattempo a Maggio, secondo il WWF Scozia, le case con i pannelli solari hanno visto soddisfare il proprio fabbisogno energetico nel100% dei casi a Aberdeen, Dundee, Edinburgh, Glasgow e Inverness. Le turbine a vento, in media, hanno generato energia per 1.8 milioni di case.

L'idea, il desiderio, l'impeto e' di ripetere tutto questo in grande, per tutti i fabbisogni energetici della Scozia, e del UK.

L'altra Scozia, quella del petrolio resta a guardare.

Come sempre, basta volerlo.

Wednesday, June 15, 2016

La NASA: Sedici mesi di fila di caldo record




Update NASA 14 Settembre 2016:

Anche Agosto 2016 e' stato mese da caldo record.
Fanno sedici mesi di fila di temperature mai viste prima

Il piu' caldo mese mai registrato nella storia. 
 
Il climatologo Kevin Trenberth del National Center for Atmospheric Research commenta cosi:

“The increase in carbon dioxide and other
heat trapping gases from human activities is relentless."
 

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Update NASA 30 Agosto 2016:

Anche Luglio 2016 e' stato mese da caldo record
fanno 15 mesi di fila di temperature mai viste prima

Da Ottobre 2015 ad oggi il caldo supera ogni previsione.



Negli scorsi 5000 anni l'aumento e' stato di 4-7 gradi centigradi. 

Secondo Gavin Schnidt della NASA quello che e' successo negli scorsi 30 anni non ha precedenti negli scorsi 1000 anni di storia del pianeta. Il 2014 e' stato anno da caldo record. Il 2015 e' stato anno da caldo record. Il 2016 li battera' entrambi al 99%.  

Molto probabilmente il target dell'aumento di 1.5 gradi centigradi di temperatura fissato a Parigi non verra' mantenuto. Nei prossimi deceni dovremmo abituarci a mari che si innalzano di decine di metri, ghiacciai sciolti, estinzioni di massa di specie animali e vegetali,  e vaste aree dell'Africa e del Medio Oriente che diventano inabitabili.


Se a tutti pare piu' caldo in questa nostra mezza estate del 2016 e' perche' lo e'.

Giugno 2016 e' stato il quattordicesimo mese di fila di temperature record a livello mondiale. Il quattordicesimo.

LA NASA dice che Giugno 2016 e' stato 0.9 gradi centigradi piu' caldo che rispetto alla media del ventesimo secolo. E' stato questo il Giugno piu' caldo della storia recente - cioe' dal 1880, cioe' da quando hanno iniziato a prendere dati.
Il record precedente? Giugno 2015.

Questi 14 mesi di fila di caldo record sono i piu' lunghi in tutto il tempo che misuriamo, cioe' appunto dal 1880. 137 anni e mai c'erano stati 14 mesi di caldo record uno dietro l'altro.  Sono 40 anni che Giugno non va sotto la media calcolata dal 1880 ad oggi. Cioe' da 40 anni siamo sempre sopra la media. Cioe' fa sempre piu' caldo.

Tutto e' iniziato nell'Aprile del 2015, quando a causa della perturbazione di El Nino, nel pianeta si sono registrate temperature piu' calde del solito. Ma El Nino e' ben presto svanita ed adesso quello che resta sono gli effetti dei cambiamenti climatici. Lo dice Gavin Schmidt della NASA. Secondo lui El Nino e' stata soltanto una piccola aggiunta ad un andamento che invece persiste da tempo. 

I maggiori guai sono in Artico, dove il caldo record ha causato scioglimenti record dei ghiacciai.










There is absolutely no doubt we will lose species due
to the increasing pressures being exerted by climate change.



John White, Deakin University
Una notizia dopo l'altra. E non buone per il pianeta. 

La cosa triste e che siamo quasi abituati a queste cose, ed e' come se ogni mese aspettassimo un nuovo record, una nuova anomalia, un qualche cosa che non era mai successo prima ma che succedera' ancora, e presto.

Ecco: la Groenlandia fa registrare temperature record.

La capitale Nuuk e' stata piu calda di New York, con 24 gradi centigradi.
Temperatura mai registrata prima nel mese di Giugno in Groenlandia.

Alcune zone della Groenlandia sono state 20 GRADI piu' calde rispetto alla media 2001-2010,
cioe' di soli quindici anni fa, che quindi gia' tiene il conto di cambiamenti climatici.

Gia' in Aprile il 12% della neve della Groenlandia si scioglieva, anche questo un record secondo il Danish Meteorological Institut. A Giugno era in via di scioglimento il 40% della neve dell'isola.

Maggio e' stato, come altri mesi prima di questo, il piu' caldo Maggio della storia, secondo la NASA.
Ci sono state "anomalie" anche di 10 gradi centigradi sopra la media rispetto al periodo 1951-1980.
Abbiamo avuto almeno dodici mesi di caldo record.

Intanto arrivano gia' i primi animali estinti grazie ai cambiamenti climatici. Si tratta del Bramble Cay melomys, una specie di criceto, lungo 34 centimetri.

No, non l'ho mai sentito nominare neanche io, ma si tratta di un piccolo mammifero che vive in Australia (e solo in Australia). Anzi vive in una specifica isola del Queensland, appunto Bramble Cay. E' il primo mammifero la cui estinsione e' da attribuire ai cambiamenti climatici.  

Venne scoperto nel 1845, in grandi quantita' e venivano colpiti con freccie dagli Europei. Gia' nel 1978 ne erano rimaste solo poco centinaia. L'ultimo esemplare fu visto nel 2009.  Oggi e' stato dichiarato estinto.

Per colpa dei cambiamenti climatici: secondo i ricercatori Natalie Waller e Luke Leung dell'Universita' del Queensland questi animaletti sono scomparsi perche' si sono innalzati i livelli del mare, l'isola dove vivevano e' stata piu' volte allagata, distruggendo habitat ed esemplari.

In dieci anni il 97% del loro habitat e' andato perso.

Nel mondo, i livelli del mare si sono innalzati di 20 centimetri fra il 1901 e 2010, un tasso di  circa 0.2 centimentri l'anno.  Anche questo non era mai successo prima.

A Bramble Cray e' stato ancora peggio. Il tasso di perdita e' stato di circa 0.4 centimentri l'anno fra il 1993 e il 2014.

Per questi melomys non c'e' piu' niente da fare.


Non sara' l'ultimo animale a scomparire dalla faccia della terra per colpa dei cambiamenti climatici: una specie su sei e' rischio estinzione, secondo un report del 2015

Il 2016 sara' con ogni probabilita' il piu' caldo della storia, dopo che lo e' gia stato il 2015 e prima ancora il 2014.




Sunday, June 12, 2016

I petrolieri abbandonano 650 concessioni in Artico

Chukchi Sea - di 487 concessioni ne resta solo una.

Beaufort Sea, di 240 concessioni ne restano solo 71




Quanto male stanno messi i petrolieri?

Beh, diciamo che se scappano dalle concessioni in Artico non e' che stanno messi poi cosi bene. E infatti emerge oggi che nel complesso Encana, Armstrong, Total, ConocoPhillips, Repsol, Eni, Shell, Statoil e Iona Energy abbandonato 655 concessioni fra il Chukci Sea e il Beaufort Sea, tutte in Artico.

Nel Chukchi Sea dell'Artico sono scomparse tutte, meno che una. Si tratta di 486 concessioni che coprono circa 11,000 chilometri quadrati. Erano state assegnate nel 2008. Di queste la Shell ne ha cedute 274, e ne terra' una sola: quella che ha cercato di trivellare piu' volte, fallendo sempre.

Nel Beaufort Sea, Encana, ConocoPhillips, Armstrong e Total hanno lasciato tutto, mentre restano alcuni consorzi Shell, ENI e Repsol cha mantengono ancora 71 concessioni delle 240 originariamente assegnate, fra il 2003-2007.

Michael LeVine di Oceana dice che e' stata una enorme vittoria, perche' pure la Shell che aveva speso miliardi di dollari in dieci anni si e' dovuta arrendere all'evidenza: che esplorare l'Artico non vale la pena.

E' proprio cosi: la Shell ha rimediato figuraccia dopo figuraccia nell'Artico, con proteste, perdite finanziarie, disastri e alla fine la distruzione della piattaforma Kulluk.

Alla fine, visto che non gliene andava bene una, la Shell aveva abbandonato i progetti trivellanti nel polo Nord alla fine del 2015. La ConocoPhillips aveva sospeso gia' ogni programma trivellante nel 2013. 

Intanto il governo USA sta vagliando se rivendere queste concessioni in futuro. Ma non si sa: le aste sono andate deserte nel 2016 e non ce ne saranno nel 2017. 

Un altro po di mare salvo. 

Saturday, June 11, 2016

Croazia: dopo l'Adriatco arrivano le trivelle in terraferma

Update 





Non se ne vanno mai, eh?

Dopo avere - per ora - rinunciato alle trivelle in mare - in Croazia si passa alla terraferma

Il giorno 8 giugno 2016 il primo Ministro del Governo Croato, Tihomir Oreskovic, e il Ministro dell'Economia, Tomislav Panenić hanno infatti firmato accordi per ricerca e coltivazione di petrolio in sei concessioni lungo i fiumi Sava e Drava nel nord-est della Slavonia.

La prima offerta trivellante si era svolta con un asta nel Luglio del 2014: le concessioni variano da 2100 a 2600 chilometri quadrati.

Dopo due anni le concessioni sono state assegnate: il blocco esplorativo DR-02 alla ditta croata INA-Industrie Nafte, il blocco esplorativo DR-03 alla Oando, nigeriana. Il resto va alla canadese Vermilion che si accaparra i blocchi DR-04, SA-08, SA-09 e SA-10.

Secondo il governo croato queste concessioni e questi accordi sono di "importanza strategica": dureranno cinque anni, e in caso di scoperte appetibili di petrolio, lo sfruttamento potra' durare fino a 25 anni. Ci saranno 88 milioni di euro di investimenti, e il ritorno sara' - udite! - fra i 450 milioni ei 900 milioni di euro all'anno!!

Grazie a
 
Ovviamente anche qui non puo' che mancare la sicurezza energetica, il lavoro, il benessere e la gioia per tutti.

E' sempre la stessa canzone che si ripete come un disco stonato: non si guarda mai a chi vive li vicino, a cosa verra' iniettato sottoterra, a cosa verra' perso, a cosa verra' sputato in aria, ai rischi di incidente. E questo vale per l'Italia, vale per la Croazia, vale per tutte le comunita' prese di mira dai petrolieri.

Sta a noi sempre, prendere quello che abbiamo e protestare, ed esigere che i nostri diritti siano rispettati.




 

Canada: la Shell regala 8600kmq di concessioni petrolifere offshore al parco marino






“Shell has presented the Nature Conservancy of Canada with more than 860,000 hectares of offshore exploratory permits in the waters of Baffin Bay, near Lancaster Sound. This represents an area larger than Banff National Park"

Shell’s donation comes two months after Greenpeace Canada circulated documents to the media alleging that those oil permits, owned by Shell since 1971, may have expired decades ago.


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La discesa agli inferi dei petrolieri, continua, questa volta in Artico.

La Shell infatti si e' appena arresa agli ambientalisti e gli ha regalato un pezzetto di mare artico che avrebbe voluto trivellare.

I petrolieri d'Olanda infatti hanno volontariamente ceduto i propri diritti trivellanti e le proprie concessioni marine offshore presso la localita' Nunavut in Canada al Nature Conservancy of Canada. Si tratta di 8600 chilometri quadrati di mare,

Hanno deciso che invece che trivellare sorgera' qui un parco marino nazionale e di conservazione.

Perche'?

Perche' i cattivissimi ambientalisti del WWF Canada si erano opposti alle trivelle in questa zona di grande biodiversita' e anzi, da anni si attivavano per la realizzazione del Lancaster Sound National Marine Conservation Area. L'unico ostacolo a questo parco erano le trivelle, che ovviamente non c'entrano niente.

Finalmente la  Shell si arrende alle proteste e regala il suo mare agli ambientalisti. Chissa'. Magari non era piu conveniente, magari l'Artico e' troppo difficile da raggiungere e i costi sono elevati. Magari avevano paura delle proteste. Ad ogni caso, con questa rinuncia ci fanno pure bella figura.

L'area di conservazione marina e' ancora in via di istituzione. Da 40 anni.

La proposta iniziale era di proteggere 45,000 kmq di mare in favore di balene e foche. Adesso il "regalo" e la resa della Shell renderanno il parco piu' grande. Oltre al WWF, si erano mobilitati gli indigeni dell'Artico Canadese, gli Inuit che volevano proteggere la propria terra e i propri mari.

Lancaster Sound e' un area remota, che porta fra gli arcipelaghi del Canada del nord. E' un area di importanza critica per i mammiferi marini: foche, balene ma anche orsi polari, trichechi, narwhal, e vaste colonie di uccelli migratori. Anche se e' Artico c'e' vita e biodiversita' e ricchezza naturale.

Quelli della Shell sono stati carini, almeno in apparenza. Hanno detto che volevano anche loro aiutare a proteggere questo "ecosistema vitale", promuovere la sostenibilita' delle comunita' Inuit e proteggere il mare e l'Artico per le future generazioni canadesi.

Aggiungono che nel trasferire le concessioni al Nature Conservancy of Canada, si sono piegati alle conclusioni di scienziati e associazioni non governative che hanno lavorato per decenni per studiare la vulnerabilita' dell'area e per proteggerla.

Ma siccome non era sufficente essere eleganti, ricordano pure che hanno regalato alla stessa associazione circa $6.5 milioni di dollari, sia in contanti che in diritti minierari, lungo l'arco di 30 anni.  Tutto ha un prezzo, eh?

Dovevano proprio quantificare che si trattava di X milioni di dollari?

Ad ogni modo e il WWF Canada e' soddisfatto. Dicono che visto che la piu grande minaccia all'area protetta non c'e' piu' -- il pericolo di sversamenti e di incidenti dalle vicine concessioni Shell -- occorre lavorare per finalmente istituzionalizzare questo parco marino il piu' presto possibile.

Con Sergio Morandi della Mediterranean Oil and Gas ho ancora qualche sassolino nelle scarpe da togliermi. Ma, e se regalasse pure lui tutto quello che gli resta di Ombrina alla collettivita' per farci un parco marino?



Thursday, June 9, 2016

Il Cile al sole: energia gratis per 4 mesi




La metropolitana al sole di Santiago del Cile non e' un impresa solitaria. Il Cile e' il principale produttori di energia rinnovabile dell'intera America Latina, i primi con impianti che generano oltre un gigawatt di energia, sufficente per dare elettricita' a 750mila case.

L'obiettivo e' di generare il 70% di energia rinnovabile entro il 2050, puntando tutto sul sole.
Dal 2013 ad oggi la produzione di energia elettrica solare e' aumentata di quattro volte. Per il 2016 hanno in programma di installare altri 1.4 gigawatt. 

Il paese ha vaste installazioni fotovotaiche nelle zone desertiche di Pozo Almonte ed Atacama che hanno generato cosi tanta energia durante il primo quadrimestre del 2016 che hanno *regalato* l'energia ai residenti.  Per la precisione, la bolletta elettrica e' stata di zero per 113 giorni da Gennaio ad Aprile del 2016,  per chi era servito dalla rete elettrica attorno a questi deserti.

Di nuovo, energia gratis a tutti i residenti per 113 giorni.

In Cile ci sono ora 29 campi solari ed altri 15 in via di costruzione. 

Uno dei problemi del paese pero' e' che la rete elettrica fra il nord ed il sud del paese non sono collegate fra loro. La maggior richiesta di energia arriva dal centro della nazione, ma i campi desertici solarizzati sono a nord: e' qui che l'elettricita' costa zero.  Occorre quindi migliorare l'efficenza e il trasporto dell'energia. Considerato l'enorme boom, capire come ottimizzare la distribuzione e' un assestamento non insormontabile.

E lo sanno anche loro: le due reti elettriche saranno collegate fra loro, generando una linea di trasmissione che sara' lunga circa 3mila chilometri nel 2017.

Ma come mai tutta questa energia?

La storia del Cile e' intimamente collegata al rame. Il paese ha enormi riserve di questo metallo che esporta e che anzi rappresenta il 6% degli introiti del paese.  Quando si inizio' a solarizzare il paese molte ditte arrivarono in zone vicino alle miniere di rame, con enormi investimenti nei deserti del nord. Ci fu il boom delle installazioni e della produzione. Anzi, sottostimarono quanta energia poteva essere generata.

Negli ultimi anni pero' il mercato del rame e' in calo, e molte miniere chiudono perche' non sono piu' redditizie.  Essendo chiuse, l'energia che serve loro e' azzerata. Ma i pannelli solari continuano a fornire energia.

Che farne?

Regalarla. Per chi produce elettricita' e' ovviamente una perdita e si stanno studiando modi per recuperare costi, per una migliore gestione degli impianti. La nuova rete elettrica e' ovviamente un passo in questa direzione.

Ma il Cile che regala elettricita' perche' ce n'e' troppa e' un grande successo: mostra quanto progresso e' possibile con le rinnovabili e che con pazienza, coraggio e lungimiranza un mondo senza petrolio si puo'.

In Portogallo ci sono riusciti per 107 ore, in Germania per due domeniche hanno dovuto pagare i clienti per usare energia elettrica rinnovabile in ecceso. In Danimarca i record eolici sono un dopo l'altro.

In Italia?

O vogliamo restare fossilizzati con il petrolio in eterno, caro Matteo Renzi?




Quattro italiani sono stati rapiti nei pressi di Mellitah, porto petrolifero di Libia e nei pressi di uno stabilimento dell'ENI.  I quattro lavoravano per la Bonatti, con sede a Parma che offre servizi di ingegneria, edilizia e sicurezza alle ditte petrolifere. Fra i suoi progetti, uno a Mellitah per conto di GreenStream, un oleodotto di 520 chilometri dalla Libia all'Italia.

L'ENI e' l'unico colosso mondiale ad operare ancora in Libia. Come mai? Come fanno ad essere operativi mentre la Total di Francia, la Repsol di Spagna e la Marathon Oil degli USA hanno dovuto sospendere le attivita' a causa della mancanza di sicurezza?

La domanda ha interessato anche il Wall Street Journal che qualche tempo fa fece una inchiesta sul tema e sulle operazioni dei petrolieri italiani al tempo dell' ISIS in Libia, dopo la triste fine del colonnello Gheddafi.

Ci sono lotte in corso fra i gruppi islamici detto "Libya Dawn" che controllano anche Tripoli e le forze ufficiali con sede a Baida, che non scalfiscono le operazioni dell'ENI. Piu a nord e proprio vicino ad un campo di addrestramento dei jihadisti c'e' un oleodotto che fornisce il 10% del gas italiano per conto dell'ENI che viene protetto da un gruppo armato detto Western Shield, anche questo parte di Libya Dawn. Nel deserto del Sahara invece c'e' un gruppo nomade, detto "Tubus" che sono stati assunti dall'ENI per fornire sicurezza.  Per la sicurezza del campo dell'ENI Wafa invece, nel sud della Libia, sono stati assunti dei giovani dalla citta' di Zintan, sempre alleati di Libya Dawn.
 
Un portavoce dell'ENI rispondendo alle domande del Wall Street Journal ha detto di non avere nessun tipo di accordo con le milizie armate della Libia, ma nessun dirigente si e' reso disponibile per una intervista.  Il portavoce dice che hanno evacutato tutto lo staff in Libia, e che adesso le operazioni sono gestite da Mellitah Oil and Gas, una joint venture al cinquanta per cento fra l'ENI e la National Oil Company di Libia. Parte delle misure di sicurezza sono state prese proprio dalla Bonatti che lavora in parallelo a questa Mellitah. 

L'Eni ha sempre lavorato in paesi a rischio, era una strategia ben collaudata da parte di Enrico Mattei dall'inizio, ed in parte questa sua sfrontataggine ha contribuito a rendere la ditta fra le piu' potenti al mondo, oltre che una specie di burattinaio dietro le quinte della politica estera italiana. 

E cosi per esempio, in Libia, l'ENI produce 240,000 barili al giorno, pou' di ogni altro paese; anzi in questo momento l'ENI produce un terzo del gas della Libia. Prima della morte di Gheddafi era del 20%.

Ovviamente dato tutta la melassa politica ed economica, e' ben probabilie che i nostri eroi siano capaci di negoziare con Gheddafi, milizie e chicchesi in modo da tirare fuori il petrolio indisturbati. Aiuta anche il fatto che molte attivita' sono offshore e dunque non toccate troppo da guerriglia e guerra civile.

Mellitah e' a circa 10 chilometri da un campo dove un gruppi di terroristi islamici coordina le proprie operazioni in Nord Africa.

Wednesday, June 8, 2016

Norvegia 2025: zero deforestazione, zero macchine a benzina, zero diesel, zero ibridi




Avanti, forza giornalisti d'Italia a ricopiare.

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Gia' adesso un quarto delle sue automobili sono elettriche, nonostante la petroli-produzione nazionale. E no, questa elettricità' non viene dalle trivelle, viene dall'idroelettrico, che provvede al 99% del fabbisogno nazionale di elettricità'.

Adesso la Norvegia decide di fare un passo in piu': entro il 2025, e cioè' nove anni da adesso!, Oslo
vietera' la vendita di tutte le macchine nuove che vanno a benzina, diesel e pure gli ibridi.  Chi ce le ha se le può tenere, ma di nuove non se ne venderanno piu'.

In Norvegia vogliono il 100% di energia verde per le loro macchine. Lo dice il Dagens Naeringsliv, che annuncia pure che la Norvegia sara' il primo paese a prendersi l'impegno di zero deforestazione e che vogliono triplicare la produzione di energia eolica entro il 2030. L'annuncio ha anche attirato Elon Musk, il padre della Tesla che ha detto:

Just heard that Norway will ban new sales of fuel cars in 2025 - What an amazingly awesome country. You guys rock!

Gia' adesso esisteva una proposta di vietare macchine diesel e a benzina entro il 2030. Questo e' un passo in piu' perche' vieta anche gli ibridi e pone gli obiettivi a cinque anni prima del previsto. I quattro partiti principali del paese sono tutti d'accordo. 

Cosa significhera tutto questo? Che assieme alle macchine a benzina, piano piano scompariranno stazioni di servizio, oli usati da smaltire, puzze alla pompa. Le cose cambieranno, e il mondo sapra' che oil-free si puo'. 

La cosa interessante e' che la Norvegia e' diventata ricca proprio grazie al petrolio, che ha venduto agli altri mentre che lei stessa ha saputo portarsi avanti con rinnovabili ed ambiente sano, che ha saputo crearsi un fondo pensione fruttuoso e che porterà a benefici ancora a lungo.

Ma una domanda mi resta. Perche' cari Norvegesi non smettete di fare nuovi buchi? E' infatti da poco emerso che vi apprestate a trivellare nuovi campi per far fronte al declino di quelli esistenti. Perché' non lasciarlo sottoterra quel nuovo petrolio? E' come per le macchine a benzina. Quelli che avete, teneteveli, ma di nuovi non piu'. 

Tutto quello che fate e' bellissimo ed e'  di esempio al resto del mondo, ma trivellare e vendere ad altri petrolio e affini e' un po miope. I cambiamenti climatici e il pianeta muoiono, che lo usiate voi o che lo usino in Cina quel petrolio che tirate fuori dal vostro mare e con il quale vi arricchite. 










Monday, June 6, 2016

Texas: vietato mostrare le foto della petrol-monnezza



Ecco qui.

Adesso arriva anche il bavaglio alle fotografie. Lo stato del Texas decide che le foto del petrolio mescolato all'acqua delle inondazioni del mese di Aprile 2016 devono essere rimosse dai siti dell'Universita' del Texas, ad Austin.

Perche'?

Perche' ovviamente danno fastidio. Le foto per la maggior parte mostrano danni ad ambiente ed infrastruttura petrolifera, che potrebbero essere utili a chi vive vicino a siti trivellati o trivellandi.
 
Ma per le autorita' sono solo da essere usate in "casi di energenza" per coordinare interventi da parte degli enti preposti. E quindi le hanno rimosse dal dominio pubbico con la scusa ... della privacy. Se le si vuole vedere si deve fare una richiesta ufficiale. Secondo il portavoce del Texas Department of Public Safety, Tom Vinger

“In consultation with UT staff, the photos have been removed from the public domain, as they are not vetted for privacy concerns or related issues in real-time when uploaded during an emergency. Emergency officials will continue to have access to the photos for disaster-related and the public and media may still request access to the photos through the Public Information Act.”

Ovviamente sono tutte petrolballe. Il pubblico ha il diritto di sapere e di vedere cosa accade in caso di incidenti o di allagamenti. Secondo Ken Kramer, del Sierra Club rimuovere le foto aeree e' un duro colpo alla trasparenza e alla responsabilita'.

"It's ridiculous to say that this was done for privacy concerns.”

"The decision to remove the photos from public view appears to be an effort to hide visuals that don’t portray the energy business in a flattering light.”

E' una versione texana del detto "occhio non vede, cuore non duole" 

Come sempre, arrivano e distruggono tutto.
Ambiente, democrazia, informazione e trasparenza.