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Tuesday, November 22, 2016

Le isole Fiji a Trump: venga da noi a vedere i cambiamenti climatici dal vivo








“I again appeal to the president-elect of the United States, Donald Trump, 
to show leadership on this issue by abandoning his current position
that man-made climate change is a hoax” 



Gli incontri sul clima di Marrakech del COP 22 sono finiti con un appello a Trump di fare tutto il possibile per fermare i cambiamenti climatici.

Viene dal primo ministro delle isole Fiji, Frank Bainimarama, che ha invitato Donald Trump a visitare le isole Fiji per vedere dal vivo gli effetti dei cambiamenti climatici nelle sue isole devastate dall'erosione e dalle modifiche al clima.

Le isole Fiji sono anche state la prima nazione del mondo a ratificare gli accordi sui cambiamenti climatici dopo l'incontro di Parigi nel 2015. 

Bainimarama ricorda a Trump che i cambiamenti climatici sono veri e non una invenzione dei cinesi, come il presidente eletto ha piu' volte detto durante la sua campagna elettorale. Ha anche ricordato l'impegno generoso degli americani durante la seconda guerra mondiale -- gli alleati usarono le Fiji come base contro i giapponesi dopo l'attacco di Pearl Harbor -- e ha chiesto agli USA di salvare le isole Fiji questa volta dai cambiamenti climatici.

“I say to the American people: you came to save us then and it is time for you to help save us now"

Ha applaudito anche la delegazione americana - ancora sotto Obama.

Un simile appello e' venuto da Mattlan Zackhras, delegato delle isole Marshall, anche loro colpite dagli eggetti dei cambiamenti climatici.

Sono tutti d'accordo che e' imperativo contenere i cambiamenti climatici, specie per le isole del Pacifico che gia' adesso perdono terreni, sofforno di inondazioni, e cambi della salinita' nel terreno.

Facciamo un passo indietro: nel Dicembre del 2015 si decise che si doveva fare tutto il possibile per limitare l'aumento di temperatura media sul globo a meno di due gradi centigradi. L'obiettivo sperato adesso e' che si resti a 1.5 gradi centigradi, mezzo grado in meno.

Pare niente, ma quel mezzo grado fa tutta la differenza del mondo per le nazioni piu' deboli. E infatti, gia' con 1.5 gradi in piu' ci sara' la sommersione di intere zone costiere delle Maldive, delle isole Marshall, e di Bangladesh, Vietnam ed Egitto. Gia' con mezzo grado in piu' scompariranno molte delle barriere coralline negli oceani, aumenteranno i periodi di siccita' e potrebbero esserci problemi di carestie in Africa e in Centro America. Le cose sarebbero ancora piu' catastrofiche con due gradi. Questo lo dice il cosiddetto Low Carbon Monitor delle Nazioni Unite. 

Le isole Fiji hanno molto da perdere in questa faccenda dei cambiamenti climatici, ed e' per questo che sono fra le nazioni piu' agguerrite nel tenere vivi gli accordi di Parigi. Lo sanno che i cambiamenti climatici sono veri e che sono devastanti. Sanno anche che non e' colpa loro, quanto delle nostre economie occidentali, e che loro sono solo sfortunati a doverle vivere sulla loro pelle a causa della loro posizione geografica.

Nel 2017 ci sara' un nuovo incontro sul clima, questa volta a Bonn, in Germania. Le isole Fiji saranno alla presidenza del COP 23.  Saranno sicuramente agguerriti come sempre. Non si sa cosa faranno gli americani, sotto Trump.

Una piccola nota positiva con l'elezione di Trump pero'e' che tutto il mondo si e' sentito unito e galvanizzato nel ribarire l'urgenza di agire. Che siano 1.5 gradi o 2 gradi, li obiettivi di Parigi sono limitati perche' sul lungo, lunghissimo termine, ma se non riusciamo ad arrivare neanche a quelli, allora siamo proprio sulla strada sbagliata.

Obama non e' stato, secondo me almeno, il paladino dell'ambiente che avrebbe potuto essere, ma certo qualche importante passo l'ha fatto, e la delegazione USA ha avuto un ruolo importante negli accordi di Parigi. E' importante che l'America resti parte della lotta ai cambiamenti climatici se non altro perche' e la piu' grande potenza del mondo (per ora almeno!) nonche' uno dei piu' grandi emettitori di CO2 del pianeta.

Intanto e' stato proprio durante l'incontro del Marocco che 11 governi hanno ratificano gli accordi di Parigi, fra questi anche l'Italia, assieme a Australia, Botswana, Burkina Faso, Djibouti, Finlandia, Gambia, Giappone, Malesia, Pakistan e il Regno Unito.  Il totale delle nazioni che hanno ratificato gli accordi e' ora a 111.  L'obiettivo necessario affinche' questi accordi diventassero legge e' di 55 nazioni che rappresentino il 55% delle emissioni a livello globale.

L'obiettivo e' stato raggiunto - con o senza Trump.

Sta a lui ora dimostrare di essere un vero leader, di accettare cio' che la scienza e il senso comune ci dicono da anni ormai e di tirare fuori quello che di presidenziale ha dentro.

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Dopo avere scritto questo pezzo, mi imbatto in articoli del NYTimes e di CNN dove Trump dice che "potrebbe" esserci una connessione fra l'azione dell'uomo e i cambaimenti del clima, che lui e i suoi consiglieri stanno studiando a fondo la questione e che lui ha una "mente aperta" al riguardo.

Durante la campagna elettorale diceva che era una invenzione dei cinesi per ostacolare il business degli americani e che avrebbe ritirato gli USA dagli accordi di Parigi e smesso di dare soldi ai programmi ONU che sono impegnati per fermare i cambiamenti climatici. Adesso e' quasi neutrale, ed appunto ammette una possible "connessione". Sue parole testuali:
"I think there is some connectivity. Some, something. It depends on how much"

 Un uomo, un mistero.

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